I dati congiunturali di marzo presentati da Confcommercio fotografano un quadro economico in rapido peggioramento, dopo le “belle speranze” dello scorso dicembre.
La guerra tra Russia e Ucraina sta spazzando via le speranze di ripresa economica per le imprese italiane e per i consumi delle famiglie, dopo due anni di crisi Covid da dimenticare, senza peraltro la certezza che le minacce su entrambi i fronti si appiglino ad un perimetro temporale ben preciso per la loro conclusione.
A marzo il PIL ha registrato una flessione dell’1,7% congiunturale, facendo ridimensionare le stime di crescita sull’intero anno. Preoccupa anche il trend in aumento dell’inflazione, che si conferma in crescita (+0,6% a marzi rispetto a febbraio) portando le stime di fine 2022 a +6,1%. A pesare non solo soltanto i prezzi dell’energia ma le ripercussioni sugli altri comparti, a partire da quello alimentare. Rispetto ai livelli pre-Covid, peraltro, l’Indicatore dei Consumi Confcommercio (ICC) vede ancora una domanda inferiore del 10% e molti servizi con un calo a due cifre, con una ripartenza ormai fissata al 2023.
La produzione industriale ha cominciato a rallentare fin da gennaio (-3,4% rospetto a dicembre). I primi segnali d’allarme sul fronte domanda e inflazione hanno accelerato la sfiducia delle imprese a febbraio, soprattutto nel settore del commercio al dettaglio (-1,6% su gennaio). E tutto questo senza ancora tenere conto dell’impatto della guerra russo-ucraina, che dal prossimo mese mostrerà tutti i suoi drammatici effetti sui numeri di marzo.
Per quanto riguarda i prezzi al consumo, sulla base delle dinamiche attuali, Confcommercio stima per il mese di marzo una variazione dello 0,6% in termini congiunturali e del 6,1% su base annua, per effetto delle persistenti tensioni sui mercati delle materie prime (non solo quelle energetiche); anche se si registrassero distensioni geopolitiche ed eventuali “rientri” inflazionistici, la stima è che i rincari si registreranno comunque fino ad almeno i mesi estivi.