Le imprese si stanno lasciando alle spalle l’impatto negativo della pandemia anche se non mancano situazioni di crisi, più frequenti fra le microimprese, e sul fronte occupazione ripartono le assunzioni, anche se resta difficile reperire professionalità adeguate, mentre lo smart working continua ad essere praticato. Sono le evidenze contenute nel rapporto ISTAT dedicato alla situazione e alle prospettive delle imprese dopo l’emergenza sanitaria Covid.
Il 2022 per le imprese
Oltre l’80% delle imprese prevede di trovarsi in una situazione di completa (41,3%) o parziale (39,5%) solidità entro la prima metà del 2022. Poco più del 3% si giudica invece gravemente a rischio, mentre aggiungendo anche le imprese che avvertono un rischio parziale si aggiunge il 19,2%.
La componente dimensionale è rilevante: nelle imprese di medie e grandi dimensioni, una totale o parziale solidità caratterizza oltre nove unità produttive su dieci, percentuale che si riduce a poco meno dell’80% nelle micro-imprese. Tuttavia, anche in quest’ultimo segmento, la quota di imprese a forte o parziale rischio è inferiore a quella dell’anno precedente: il 21,3% contro il 34,3% di fine 2020. Un rischio operativo forte o parziale emerge anche per una quota non trascurabile di imprese medie e grandi (rispettivamente il 7,3% e il 5,4%).
Sul fronte settoriale, come prevedibile, le difficoltà anche in prospettiva sul 2022 si registrano fra le imprese maggiormente colpite dalle restrizioni, come alloggio, ristorazione, cultura, intrattenimento.
Il dato sull’occupazione segna una ripresa: il 9,4% delle imprese ha aumentato il personale nella seconda metà del 2021 mentre un altro 12,1% sta assumendo. Questo trend si concentra sull’industria e sulle costruzioni. Ma, tra queste, quasi i due terzi segnalano difficoltà a reperire le competenze necessarie. Questa problema si riscontra anche nel commercio, 55% delle imprese, e nei servizi, 66,3%. Le difficoltà nell’acquisizione di personale sono segnalate più frequentemente nelle unità di minore dimensione: rispettivamente, dal 63,9% e il 66,7% delle micro e piccole imprese, dal 58,2% delle medie e dal 50,1% delle grandi.
Tra i profili mancanti vengono indicati con più frequenza quelli relativi alla logistica e produzione, segnalati soprattutto da imprese di medie e grandi dimensioni. Anche i profili relativi alle funzioni tecnico-ingegneristiche di supporto alla produzione sono indicati soprattutto dalle medie e grandi imprese mentre tra le micro risultano relativamente più frequenti difficoltà nel reperire risorse nell’ambito dell’area organizzativo-gestionale e nelle vendite, marketing e comunicazione.
Lo smart working diminuisce rispetto al 2020, anno caratterizzato da diversi periodi di lockdown, ma resta diffuso in particolare nel settore dei servizi e fra le imprese di grandi dimensioni.
Qui, c’è anche un dato sull’impatto dello smart working nelle organizzazioni. C’è un miglioramento generalizzato per quanto riguarda gli effetti netti percepiti dell’utilizzo di tali forme di lavoro, soprattutto in termini di benessere del personale e adozione di nuove tecnologie digitali.