L’impressione è che la fumata bianca sia vicina ma nel frattempo anche la quarta votazione si è conclusa senza l’elezione del presidente della Repubblica. Con una serie di rilevanti novità rispetto alle precedenti: gli astenuti (433) superano le schede bianche (261), in linea con l’indicazione data dal centrodestra, mentre ben 166 voti sono andati a favore dell’attuale presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Come si vede, si diversificano maggiormente le scelte, pur in assenza di un candidato largamente condiviso, segno che il gioco tattico di posizionamento diventa più complesso. Anche da analizzare. Sullo sfondo, le prime tre giornate che hanno visto i grandi elettori riuniti a Montecitorio, e le forze politiche impegnate in una vera e propria girandola di vertici, riunioni, proposte.
Dopo i nomi delle prime giornate non ci sono ancora accordi. I candidati più probabili sembrano restare Pierferdinando Casini, Elisabetta Casellati, Elisabetta Belloni e Mario Draghi. Senza poter escludere nuove ipotesi, ancora non formulate.
Da una parte sembra prevalere la frammentazione politica, con le grandi forze che non riescono a trovare l’accordo su un candidato comunque. Dall’altra c’è l’indicazione, che sembra invece condivisa, di stringere i tempi. Anche il progressivo abbandono delle schede bianche, verso scelte che iniziano a diventare più politiche, va in questa direzione. Ricordiamo che dalla quarta votazione in poi non è più richiesta una maggioranza qualificata dei due terzi del parlamento, bastano il 50% più uno degli aventi diritto (505 voti).
Il dato forse più eclatante sono i 166 voti a Mattarella, del tutto imprevisti in considerazione delle indicazioni dei vertici dei partiti. Il centrodestra doveva astenersi e lo ha fatto, i vertici di centrosinistra e M5S avevano invece dato indicazione di votare scheda bianca. Bisogna capire in quale di queste due aree ci sono stati i voti per Mattarella. Ma prima una precisazione fondamentale: Mattarella non è disponibile a un secondo mandato, lo ha dichiarato a più riprese, e sta facendo un trasloco ampiamente documentato che non lascia adito a ulteriori dubbi. I voti vanno letti come un segnale politico e non come un’indicazione di voto.
Dunque, un segnale politico. Quale? Al solito, qui si possono formulare diverse ipotesi. Il dato di cronaca è che si tratta di una scelta dei parlamentari che va al di là delle indicazioni dei partiti, e che riguarda sicuramente esponenti di centro sinistra o M5S. Lo vedremo al quinto voto di venerdì 28 gennaio, alle 11 di mattina. Basterà la maggioranza assoluta degli aventi diritto al voto, il che significa che il quorum è pari a 505 (sono i voti che il candidati deve ricevere per diventare Capo dello stato).