Fumata nera alla prima votazione: il Parlamento riunito in seduta comune a partire dalle 15 di lunedì per eleggere il XIII Presidente della Repubblica Italiana non ha trovato la maggioranza qualificata. Come previsto, la prima chiama si è conclusa con una vasta maggioranza di schede bianche, che sono state 672.
Il risultato del primo voto
A ricevere il maggior numero di preferenza è stato Paolo Maddalena, vice presidente della Corte Costituzionale, seguito dall’attuale capo dello Stato Sergio Mattarella. Fra gli altri voti espressi, Marta Cartabia (ministra della Giustizia), Silvio Berlusconi (ex presidente del Consiglio e leader di Forza Italia) Elisabetta Casellati (presidente del Senato), Pierferdinando Casini (ex presidente della Camera). Si riparte martedì 25 gennaio con la seconda votazione, che per esprimere un’elezione valida richiede ancora i due terzi dei voti dei grandi elettori.
Il punto è che l’Italia ha oggi un Governo appoggiato da una maggioranza parlamentare molto ampia, con numeri più che sufficienti a eleggere il Capo dello Stato entro i primi tre turni, ma caratterizzata da una frammentazione politica ben esemplificata dal dibattito delle ultime settimane e dalla frenetica ricerca di un accordo su un candidato. Vediamo quali sono i primi nomi, il numero dei voti per ogni schieramento e le ipotetiche alleanze in vista.
Lo scenario in evoluzione
Sullo sfondo, c’è l’ipotesi che vede salire al Quirinale lo stesso Mario Draghi, attuale presidente del Consiglio, che già ricopre un ruolo fondamentale in un momento che richiede continuità nell’Esecutivo. Oltre a restare un’opzione per il Quirinale, rappresenta un punto di riferimento rispetto alla standing che ci si aspetta dalla più alta carica dello Stato. Dopo il settennato di Sergio Mattarella i grandi elettori sono chiamati a trovare alternative degne, facendo però i conti con numeri difficili: nessuna delle grandi aree parlamentari da sola ha i numeri per farcela.
I grandi elettori
I grandi elettori sono 1.009, di cui 630 deputati e 321 senatori eletti (numero che comprende anche i sei senatori a vita, Giorgio Napolitano, Mario Monti, Elena Cattaneo, Renzo Piano, Carlo Rubbia, e Liliana Segre), più i 58 delegati delle Regioni (tre per ogni Regione, tranne la Valle D’Aosta che ne esprime uno solo). Quindi, nelle prime tre sedute, che in base all’articolo 83 della Costituzione richiedono la maggioranza qualificata dei due terzi, sono necessari 673 voti, mentre dalla quarta in poi ne bastano 505, ossia la maggioranza assoluta.
I numeri dei tre schieramenti
Raggruppando le tre grandi aree politiche, i numeri sono i seguenti.
- Centrodestra: 454 elettori, fra parlamentari e delegati delle Regioni. Nel dettaglio 212 della Lega (64 senatori, 133 deputati e 15 delegati regionali), 140 di Forza Italia- UDC (50 senatori, 79 deputati, 11 delegati regionali), 64 di Fratelli d’Italia (21 senatori, 37 deputati, 6 delegati regionali), 32 di Coraggio Italia-Cambiamo-Idea (9 senatori, 22 deputati, un delegato regionale), 5 deputati di Noi con l’Italia-Rinascimento, 1 di Diventerà Bellissima.
- M5s: 235. Nel dettaglio, 73 senatori, 158 deputati, 4 delegati regionali.
- Centrosinistra: 227 voti, di cui 154 del Pd (39 senatori, 95 deputati e 20 delegati regionali), 18 di Liberi e ugiuali, Leu (6 senatori, 12 deputati), 6 deputati del Centro democratico, 44 di Italia Viva (15 senatori, 29 deputati), 5 Azione-+Eu (2 senatori e 3 deputati).
In tutto, siamo a 916 grandi elettori riconducibili con precisione a un’area politica. Ce ne sono 103 che, sostanzialmente, appartengono a gruppo misto (in forze non riconducibili a uno dei tre grandi schieramenti sopra descritti), alle autonomie, Movimento italiani all’estero, o non sono iscritti a nessun gruppo. Nel dettaglio: 59 deputati, 38 senatori. A questi, bisogna sommare i sei senatori a vita.
Le alleanze possibili
- L’area politica con i numeri più forti è il Centrodestra, che però non riesce ad eleggere un presidente senza altri voti. Per la precisione, ce ne vogliono altri 51 per la maggioranza assoluta.
- Sull’altro fronte, M5s e Centrosinistra hanno lo stesso problema: anche sommando tutti i voti, non arrivano alla maggioranza assoluta. Nel dettaglio, la somma dei due schieramenti porta a 462, quindi ci vogliono altri 43 voti.
Le altre “variabili” di voto sono le seguenti.
- Ci sono forze politiche che, del tutto ipoteticamente, essendo moderate e centriste, potrebbero essere più facilmente attratte dalla parte avversa. Attenzione: l’esercizio è puramente teorico ma sensato nel momento in cui la parte avversa dovesse presentare un nome di tradizione centrista. Nel centrodestra le forze di “centro” sono Coraggio Italia-Cambiamo-Idea (32 grandi elettori) e Noi con l’Italia-Rinascimento (a quota 5). In tutto, 37 grandi elettori.
- I partiti centristi riconducibili all’area del centro sinistra sono il Centro Democratico (Bruno Tabacci), Azione (Carlo Calenda), e +Europa (Emma Bonino), che in tutto hanno 11 voti. Un ipotetico schieramento di centro, conta 48 grandi elettori.
- I sopra citati esercizi matematici non inseriscono gruppo misto, autonomie, indipendenti. Un bagaglio che vale 96 voti ma con posizioni diversissime, difficilmente interessati ad un’alleanza con una parte o l’altra.
- Si può sottolineare, infine, che c’è una nutrita pattuglia di fuoriusciti dal M5S, non riconducibili a nessuno schieramento e composta da più di 50 parlamentari fra senatori e deputati.
Per riassumere: nessuno dei grandi schieramenti riesce a eleggere il presidente nemmeno a maggioranza assoluta, quindi saranno necessari nomi in grado di unire forze politiche diverse.
I precedenti
Nella storia delle 13 elezioni presidenziali (le elezioni sono state 13 ma i presidenti 12, perché Napolitano è stato eletto per il secondo mandato), anche se sono solo 2 (Cossiga e Ciampi) i Capi dello Stato eletti nei primi tre scrutini con maggioranza qualificata, altri 7 hanno comunque ottenuto, pur nelle successive votazioni, più dei due terzi dei voti. Con meno del 60% dei voti solo Segni, Leone, Einaudi, e Napolitano al primo mandato.