Salute e servizi per gli anziani sono i settori del welfare nei quali le famiglie hanno maggiormente investito nel 2021, tornati a crescere dopo la flessione determinata dalla pandemia. Il rapporto Cerved 2022 sul Bilancio di Welfare delle famiglie italiane segnala un + 11,4%, dopo la contrazione del 14,6% del triennio 2018-2020, provocata soprattutto dalla crisi Covid. In termini assoluti significa 136,6 miliardi, pari al 7,8% del PIL, che si concentrano nelle aree salute e assistenza anziani, seguite dall’istruzione.
Mercato italiano del Welfare: numeri e trend
Il mercato, calcolando anche la spesa delle aziende per i dipendenti, arriva al 9% del PIL. livelli pre-crisi erano più alti, nel 2018 la spesa in Welfare era stata pari a 143,3 miliardi. E oltre la metà della famiglie nel 2021 ha tagliato prestazioni sanitarie, spese per assistenza agli anziani e ai bambini che ancora non vanno a scuola, mentre è poco sopra il 30% il taglio delle spese per l’istruzioni. La causa preponderante di rinuncia è l’inadeguatezza dell’offerta, seguita da motivi economici.
La spesa per il welfare familiare
I segmenti in cui si divide la spesa di welfare delle famiglie sono otto: salute, assistenza agli anziani, assistenza ai bambini, istruzione, assistenza familiare, cultura e tempo libero, supporti al lavoro, previdenza. Ecco come sono distribuite le spese 2021
Ci sono aree in cui la spesa 2020 e 2021 ha avuto un’impennata, come l’istruzione, a causa della necessità di dotarsi di strutture adeguate alla DAD, la didattica a distanza. I tre settori con gli investimenti più alti e in crescita sono:
- salute, da 33,7 mld nel 2017 a 38,8 mld nel 2021 (superando la flessione provocata dall’emergenza Covid nel 2020);
- assistenza agli anziani, da 25,3 mld nel 2017 a 29,4 mld nel 2021;
- istruzione, da 9,6 mld nel 2017 a 12,4 nel 2021.
I tagli al welfare dopo la pandemia
Capitolo rilevante dedicato alle rinunce: il 50,2% della famiglie ha tagliato spese sanitarie in modo totale, e il 13,9% in modo rilevante. Risparmi anche superiori per assistenza agli anziani e ai bambini in età prescolare. Sono tre i segmenti che, pur avendo recuperato nel 2021 rispetto al calo 2020, restano sotto i livelli pre-crisi, ovvero l’assistenza ai bambini e l’educazione prescolare (le famiglie hanno dovuto fronteggiare la chiusura di nidi e asili con un forte aumento dell’impegno dei genitori che, in molti casi ha portato a difficoltà nel lavoro); l’assistenza familiare (è molto diminuito il ricorso alle colf); la spesa per cultura e tempo libero, che nel 2020 si è ridotta di due terzi e resta molto distante dai livelli precedenti la crisi. Ecco la progressione degli ultimi anni su questo fronte.
Le motivazioni alla base dei tagli
Spesso la motivazione della rinuncia è economica, ma in realtà la causa numero uno è l’inadeguatezza del servizio offerto. Nell’area sanitaria ci sono una complessità di ragioni legate anche al rinvio delle cure dovuto alla pandemia, per timore del contagio (58,9 per cento delle rinunce). La motivazione economica è preponderante fra la popolazione meno abbiente, dove i numeri fotografano un problema di equità sociale: il segmento meno abbiente (7,4 milioni di famiglie, 28,8% del totale) è quello con una incidenza della spesa di welfare più alta in proporzione al reddito (21,1%), e la rinuncia alle prestazioni è stata pari al 62,3% nella salute (19,8% di rinuncia rilevante), 77,2% nell’assistenza agli anziani (33,6% rilevante), 65,6% nella cura dei bambini (23,6% rilevante), 42,1% nell’istruzione (14,15 rilevante).
ci sono poi le motivazioni relative all’inadeguatezza dei servizi, che riguarda soprattutto l’assistenza agli anziani: più del 60% delle famiglie rinunciano a questi servizi giudicandoli di qualità insufficiente (29,5%) o ritenendo che le prestazioni di cui hanno bisogno non siano disponibili (31,9%).
Mercato e gap fra domanda e offerta
C’è un evidente gap tra i bisogni delle famiglie e l’offerta attuale dei sistemi di welfare. Sfide importanti per un settore che vale il 7,8% del PIL pensando alla spesa delle famiglie (136,6 miliardi) ed un altro 1,2% se si aggiunge il welfare aziendale e collettivo (21,2 miliardi), arrivando al 9% del PIL.
Aumento della domanda di servizi adeguati
Per Andrea Mignanelli, amministratore delegato di Cerved «gli investimenti pubblici e privati sono decisivi per rinnovare il nostro sistema di welfare, generando nuovi modelli di servizio capaci di rispondere alla domanda delle famiglie». La crescita di queste spese (5mila 317 euro a famiglia, con un’incidenza del 17,5% sul reddito familiare netto che, nel 2021, è stato mediamente di 30mila 434 euro), e dovuta a tre fattori:
- cambiamento degli stili di vita e dei modelli di relazione familiare;
- frammentazione delle strutture familiari;
- impatto sulla famiglia dell’invecchiamento della popolazione.
Un terzo delle famiglie è composto da un solo individuo e, considerando i genitori soli con figli a carico, si supera il 40%.
Opportunità di mercato
Questi dati rappresentano un’opportunità di sviluppo per un settore che si considera trainante per la crescita del Paese, e all’interno del quale operano migliaia di imprese, molte delle quali altamente innovative: tecnologie telematiche e biomedicali, sanità, assistenza, educazione, produzione culturale, attività per l’inclusione sociale, alle quali si aggiungono organizzazioni del terzo settore, professionisti e operatori individuali. La sfida riguarda naturalmente anche il settore pubblico. La ministra della Famiglia Elena Bonetti elenca le priorità: salute, educazione, servizi, conciliazione vita-lavoro, promozione di una piena parità di genere. E assicura l’impegno del Governo in termini di «sostegno alle famiglie, rimozione delle diseguaglianze, investimento nelle donne e nei giovani», a partire da Family Act e PNRR, «in una nuova alleanza da attivare con sempre più coraggio tra le istituzioni, la società civile e il mondo delle imprese, per dare al Paese uno sviluppo vero, efficace e sostenibile».