L’aumento dei costi delle materie prime è una delle principali preoccupazioni delle imprese in questa fase di ripresa post Covid, mentre le famiglie temono un generalizzato aumento dei prezzi. Il tutto, si inserisce in un quadro che vede comunque gli indici di fiducia a livelli che l’ISTAT definisce storicamente elevati. Tuttavia, secondo Confcommercio, non mancano i timori, legati soprattutto legati all’aumento dell’inflazione. Vediamo i dati.
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Clima incerto ma con fiducia in crescita
Partiamo dall’ISTAT, che a settembre 2021 segnala un rialzo della fiducia delle famiglie e un leggero calo di quella delle imprese, che comunque resta «a livello storicamente elevati». Nel dettaglio: la fiducia dei consumatori è a 119,6 in rialzo rispetto ad agosto (116,2) e ai livelli massimi dal gennaio 1998 (inizio della misurazione), quella delle imprese registra un leggero calo rispetto ad agosto (da 114,0 a 113,8) ma resta su livelli alti (in sostanza, un assestamento al ribasso dopo il forte aumento dei mesi precedenti). Questo, per dire che il contesto generale è positivo (come del resto sottolineano i report internazionali e la stessa NaDEF (Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza), che alza le prospettive di crescita 2021 al 6%.
Caro prezzi
E’ però vero che ci sono tensioni sul fronte dei prezzi delle materie prime, capitoli al centro dell’attenzione delle politiche di bilancio. Qualche dato in uno studio di Confcommercio sul sentiment di famiglie e imprese sugli ultimi mesi del 2021: le imprese risultano più ottimiste delle famiglie, 42,7% contro 24,3%. In entrambi i casi, le tensioni sui prezzi sono fra le maggiori preoccupazioni. Secondo le imprese, i fattori maggiormente a rischio per i prossimi mesi sono l’aumento delle tasse, il calo dei redditi delle famiglie, e l’aumento dei prezzi delle materie prime. Ad ogni modo, quasi il 70% delle imprese vede in miglioramento l’attività da qui a fine anno.
Per le famiglie, la preoccupazione numero uno è rappresentata dall’aumento delle tasse, seguita dall’aumento dei prezzi e dalla perdita di posti di lavoro. Più nel dettaglio, temono un calo dei redditi nell’80% dei caso e dei risparmi nel 68%, mentre sui consumi vedono stabilità nel 75% dei casi.
Inflazione in aumento
L’ufficio studi Confcommercio segnala poi un allarme inflazione, prevista sopra il 3% entro fine anno. «Nonostante qualche prevedibile misura cuscinetto transitoria approntata dal Governo, l’indice dei prezzi al consumo in ottobre potrebbe mostrare una variazione ben superiore al 3% tendenziale. La media del 2021 – prevede Mariano Bella, direttore dell’Ufficio studi di Confcommercio, – potrebbe così avvicinarsi al 2%, con un trascinamento sul 2022 che spingerebbe l’inflazione, senza considerare particolari ulteriori shock, sopra il 3% in modo piuttosto stabile». La ricetta: «rafforzare la crescita economica, in modo tale che una parte cospicua degli impulsi inflazionistici sia assorbita dentro la variazione dei margini aggregati delle imprese», accelerando col processo di riforme e di investimento.