Si riaccende il dibattito sulle delocalizzazioni, con il Governo che studia un provvedimento per le imprese che licenziano i dipendenti per aprire all’estero, quelle che lo fanno dopo aver usato incentivi statali e quello che delocalizzano senza ragioni di crisi. Un decreto di cui si parla da mesi ma sul quale sembra difficile trovare l’intesa, anche all’interno della maggioranza, quindi continuamente rinviato. In base alle ultime anticipazioni, allo studio c’è un meccanismo che introduce sanzioni da 20-30mila euro per ciascun dipendente licenziato nelle imprese che delocalizzano, senza essere in crisi e dopo aver chiesto soldi pubblici. Su questo punto pare ci sia l’accordo tra i ministeri competenti: Economia, Sviluppo economico e Lavoro.
=> Decreto Delocalizzazioni: diritto di allerta, piano esuberi e black list
Decreto anti delocalizzazioni: cosa prevede
Il provvedimento anti delocalizzazioni si applicherebbe alle imprese con almeno 250 dipendenti. In base alle anticipazioni, prevede che:
- in caso di licenziamenti collettivi per aprire all’estero, debbano esserci comunicazioni obbligatorie di preavviso e un piano per assistere i dipendenti nella ricollocazione;
- ci sarebbero poi sanzioni per le imprese inadempienti, che chiudono e delocalizzano senza essere in crisi, ossia per «ragioni non determinate da squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendano probabile la crisi o l’insolvenza»;
- il provvedimento dovrebbe contenere anche la restituzione degli incentivi utilizzati prima di delocalizzare e l’inserimento in una black list che blocca l’accesso a fondi pubblici per cinque anni.
Ci sono poi una serie di punti su cui non è chiaro quale sarà la decisione finale del Governo. Ad esempi, sul piano aziendale in caso di licenziamenti collettivi: potrebbe essere discusso non solo fra parti sociali ma anche con le istituzioni (Regione o Ministero).
Nel frattempo, sul fronte sindacale è intervenuto il segretario generale della Uil, Piepaolo Bombardieri, che ritiene inefficaci le sanzioni contro le delocalizzazioni aziendali, mentre sarebbe invece auspicabile «incentivare gli investimenti nel Paese e costruire un sistema di ranking premiante per le aziende e le multinazionali che rispettano gli standard sociali e ambientali e penalizzante per chi non li applica».
Il sindacato confederale chiede sul tema un confronto con il Governo ma è d’accordo sul tema dei rimborsi degli contributi statali: «dovrebbero essere restituiti tutti i fondi pubblici da chi delocalizza, ma anche da coloro che non rispettano le normative sulla sicurezza o che hanno le sedi nei paradisi fiscali».