Sull’importanza del ruolo dei caregiver familiari c’è attenzione da qualche anno, ma i passi da compiere per dare tutela e dignità ad un lavoro tra i più utili alla società e troppo spesso sottovalutato, riconoscendo il valore sociale ed economico dell’attività di cura non professionale del caregiver familiare, sono ancora molti. Ecco perché, nonostante gli anni di incertezze, le nuove norme, i cambi di rotta, l’ANMIC-Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi Civili non si arrende e invia una nuova proposta al ministro per la Disabilità, Erika Stefani, sul Fondo per i caregiver familiari. L’Associazione è in prima linea da anni per la legge sui caregiver familiari: l’ANMIC è infatti membro dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, componente del “Tavolo di semplificazione” presso il Ministero della funzione pubblica e componente della “Commissione per la tutela dei disabili contro le discriminazioni”, istituita presso il Ministero delle Pari Opportunità.
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«Nonostante le molteplici difficoltà, non solo di ordine morale, ma anche di natura economica, il caregiver familiare non è ancora una figura professionale. Non è riconosciuta e protetta dal nostro ordinamento giuridico. Finora gli unici interventi del legislatore italiano in suo favore sono stati i permessi lavorativi e il congedo straordinario di cui alla Legge n. 104/92». Spiega l’Associazione, secondo la quale l’assenza di un quadro certo di tutele per i caregiver familiari ha causato e sta causando in questo periodo di emergenza pandemica l’impoverimento della famiglia, oltre ad una serie di problemi di ordine sanitario e psicologico «in spregio ai diritti umani affermati a più riprese dalla Costituzione Italiana e dalla Convenzione ONU dei Diritti delle Persone con Disabilità». Oggi che con il Governo Draghi c’è un nuovo interlocutore su questo tema, il Ministero per la Disabilità, il prof. Nazaro Pagano presidente nazionale ANMIC intende presentare quanto prima le idee dell’Associazione in merito alla legge sui caregiver familiari.
Suggerimenti ANMIC al Ministero per la Disabilità
Per sbloccare l’iter della norma che è da diversi anni in stand-by al Senato, l’ANMIC chiede al Ministro per la Disabilità di:
- cogliere l’opportunità rappresentata dal parere della Ragioneria generale dello Stato, che interrompe l’iter del disegno di legge 1461, per recuperare in un decreto ministeriale il processo decisionale per l’individuazione numerica e la valutazione multidimensionale e multidisciplinare dei caregiver familiari;
- usare nel Decreto il canale del nuovo Fondo per i caregiver familiari introdotto dal comma 334 della L. 178/2020, che è destinato alla copertura finanziaria di interventi legislativi;
- parallelamente il Ministro potrebbe procedere nella revisione del testo c.d. Codice delle Disabilità, introducendo norme di delega legislativa proprio per il riordino complessivo dei fondi destinati alla disabilità e, cogliere tale occasione anche per procedere ad una sistematizzazione organica dei fondi destinati ai cargiver familiari, eliminando pericolose sovrapposizioni e o norme recanti forme di differenziazione tra cittadini in pari condizioni come quelle recate dal fondo destinato alle sole madri di minori con disabilità.
Un altro monito dell’ANMIC arriva sul fronte del nuovo sostegno economico in favore delle mamme single con figli disabili. Una norma che, seppur ritenuta per certi versi utili, rischia di essere discriminatoria per la previsione del vantaggio economico attribuito solo alle madri single, escludendo sia padri single, che fratelli o sorelle. In più:
- il legislatore ha indicato l’importo di 500 euro quale tetto massimo del bonus, senza alcuna specifica in merito ai limiti reddituali e/o scaglioni reddituali o alla sua cumulabilità con altre forme di sostegno al reddito, quali il reddito di cittadinanza o di emergenza;
- per accedere al beneficio la percentuale di disabilità inferiore al 60% deve essere riconosciuta al figlio per ottenere il bonus, ma il legislatore non ha considerato che per quanto riguarda i minori, nel verbale redatto dalla commissione medica competente, l’handicap non viene espresso in percentuale, fatta eccezione per i minori di età superiore a 15 anni.