Il punto di forza dell’Assegno Unico Universale per i Figli a carico (AUUF) è che sarà semplice, automatico ed esteso ad una più vasta platea di beneficiari, il punto debole è che spazzerà via il grosso degli attuali aiuti alle famiglie senza necessariamente offrire come controparte un’agevolazione economica di pari importo.
Secondo le simulazioni (dati a cura di Fondazione Gorrieri, Arel e Alleanza per l’infanzia), ai 20 miliardi stanziati “basterebbe” che si aggiungessero altri 800 milioni, ripristinando magari la clausola di salvaguardia (che invece è stata cancellata) volta a tutelare i soggetti che attualmente godono di misure di sostegno per la famiglia, garantendo loro un pari trattamento agevolativo in termini di importo.
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Sostanzialmente, il problema è che i genitori che oggi detraggono spese e ricevono assegni e bonus – in base ai fondi stanziati ed alle regole previste – perderanno diverse centinaia di euro all’anno, a vantaggio però di una schiera di soggetti che finora non accedevano a benefici fiscali. La soluzione potrebbe dunque essere quella di aumentare le risorse pubbliche a disposizione dell’Assegno (cui si accede senza requisiti di reddito ma che viene erogato in misura differente in base all’ISEE), per quanto forse non sia esattamente questa la ratio della misura stessa, volta non soltanto a razionalizzare la pletora di agevolazioni esistenti ma anche a “ottimizzare” gli aiuti alle famiglie.
La “vision” della legge delega per il riordino delle misure per famiglie (Family Act), infatti, è proprio quella di adattarsi al nuovo mercato dove il posto fisso è solo una delle tante varianti ed il classico contratto di assunzione non è più da anni quello principe. Oggi il mondo del lavoro è dominato da autonomi, Partite IVA, contratti atipici, ditte individuali, con ingressi e uscite dalle varie condizioni spesso fluide e altalenanti. Insomma, l’Assegno Unico Universale per i Figli vuole sostenere le famiglie con minori certezze, a partire dagli ultimi mesi della gravidanza, offrendo anche un piccolo aiuto ai giovanissimi che si affacciano alla vita adulta.
Cosa comporta tutto questo? Una transizione burrascosa tra il vecchio e il nuovo sistema.
Da un lato vengono spazzate via le detrazioni IRPEF su cui da generazioni tutti fanno affidamento in sede di dichiarazione dei redditi. Dall’altro sembra ancora mancare la corretta integrazione dell’AUUF con gli strumenti di conciliazione famiglia lavoro compresi congedi e bonus. Lo strumento, in base a quanto previsto dal DEF dello scorso anno, andava coordinato con la riforma fiscale «anche per favorire la partecipazione femminile al mercato del lavoro e aumentare la crescita demografica».
Insomma, una spada di Damocle sulle attuali certezze di molte famiglie. Tutto questo, mentre stiamo per entrare nel vivo della stagione dichiarativa 2021 (anno d’imposta 2020), dove per la prima volta debutta la nuova regola sulla tracciabilità delle spese detraibili ai fini del diritto allo sgravio fiscale, un’altra novità che potrebbe riservare contraccolpi non da poco.
Chi lo scorso anno ha dimenticato di pagare con carta e bancomat, bonifici o assegni (o non ha potuto, magari per un gap tecnologico non certo raro tra le generazioni italiane meno giovani), per le spese scaricabili (ad eccezione di quelle in cui sono ammessi i contanti, come ad esempio i medicinali al banco della farmacia e le prestazioni sanitarie presso strutture convenzionate), potrebbe avere un’amara sorpresa. Parliamo di una fetta davvero ampia di spese: sono tutte quelle con detrazione al 19% previste dall’articolo 15 del Testo unico sulle imposte sui redditi (TUIR), ossia quelle per istruzione, affitto studenti fuori sede e sport dei ragazzi, assistenza personale, spese funebri, intermediazioni immobiliari, assicurazioni ed erogazioni liberali, spese mediche e veterinarie, abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico.