A un anno esatto dall’inizio della pandemia da Covid-19, le famiglie italiane devono fare i conti mediamente con un calo del reddito pari a 1.650 euro. Lo sottolinea Confesercenti, che stima un recupero molto lento e incerto, fortemente legato agli esiti della campagna vaccinale. Alla fine del 2021, infatti, si prevede un ulteriore taglio medio di 512 euro rispetto ai livelli pre-crisi.
Dal punto di vista territoriale, il maggiore crollo delle condizioni reddituali si registra in Emilia-Romagna (-897 euro), seguita dalle Marche (-807 euro), mentre ad accusare il calo minore è la Puglia (restando al di sotto dei 200 euro). Non va meglio nelle altre regioni: la contrazione dei redditi rispetto al 2019 è compresa fra 600 e 700 euro in Piemonte, Valle d’Aosta, Veneto, Toscana e Umbria, mentre supera i 500 euro in Lombardia, Trentino-Alto Adige e Friuli Venezia-Giulia. In Lazio, Abruzzo, Molise e Sardegna la compressione dei redditi è superiore a 400 euro, mentre la flessione per Liguria, Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia è maggiore di 300 euro per famiglia.
Stando ai dati diffusi da Confesercenti, inoltre, a soffrire maggiormente sono stati i lavoratori autonomi, tanto che per la fine del 2021 si stima un calo complessivo di 22,8 miliardi di euro rispetto al 2019.
La crisi da pandemia non ha colpito dunque tutti allo stesso modo: l’impatto, come i dati sui redditi dimostrano, si è concentrato quasi completamente sui lavoratori autonomi e sui loro dipendenti, con perdite decisamente superiori ai ristori diretti elargiti fino ad ora – commenta la Presidente di Confesercenti Patrizia De Luise.
Dietro questa situazione critica si cela anche la mancata concretizzazione dell’ultima tranche dei sostegni, relativa al decreto “Ristori V” e forte di 32 miliardi di risorse: come sottolinea la De Luise, infatti, a oltre sessanta giorni dall’annuncio i fondi non sono stati ancora erogati.