Tanto tuono che piovve. Dopo il fallimento del mandato esplorativo per un Conte ter – o comunque per un nuovo esecutivo sostenuto dalla medesima maggioranza di Governo – il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha invocato il nome che un po’ tutti attendevano, o meglio speravano: Mario Draghi. Economista super partes stimato da tutti, europeista con cognizione di causa, ex presidente della BCE (Banca Centrale degli Investimenti), il civil servant che potrebbe mettere mano al Recovery Plan mettendo tutti d’accordo. Insomma, superMario, come amano chiamarlo oltre oceano, potrebbe essere la carta vincente per l’Italia.
Convocato al Colle, il prof. Mario Draghi ha accettato con riserva l’incarico di formare un nuovo governo, conferitogli dal Capo dello Stato. L’annuncio di una nomina non politica era stata fatta ieri in serata dallo stesso Mattarella, che – nel suo discorso alla stampa – ha spiegato il perché di questa scelta “tecnica“, per il prossimo Governo italiano, che per certi versi ha il potenziale di andare oltre i limiti della politica in un momento così delicato per il Paese, alle prese con la crisi Covid ed i suoi drammatici effetti. Non a caso, la reazione della stampa internazionale (e dei mercati finanziari) è stata più che positiva.
Dopo le consultazioni e la fumata nera per un governo politico con il sostegno dell’attuale maggioranza, al presidente Mattarella restavano di fatto due strade alternative:
dare immediatamente vita a un nuovo Governo, adeguato a fronteggiare le gravi emergenze presenti (sanitaria, sociale, economica, finanziaria) oppure immediate elezioni anticipate.
Ma la strada del voto anticipato sarebbe stata lastricata di insidie, intrinsecamente connesse alla crisi sanitaria in corso e all’urgenza estrema di procedere con gli interventi di Governo, non ultimo il piano vaccinale (che necessita forse di una sterzata ma che comunque richiede lo stretto coordinamento tra Stato e Regioni). Per Mattarella, il momento storico che stiamo vivendo:
richiede un governo nella pienezza delle sue funzioni per adottare i provvedimenti via via necessari, non un governo con attività ridotta al minimo, come è inevitabile in campagna elettorale.
Sul versante sociale – ha proseguito Mattarella – a fine marzo verrà meno il blocco dei licenziamenti: questa scadenza richiede decisioni e provvedimenti di tutela sociale adeguati e tempestivi, che anche in questo caso richiedono l’impegno di un governo nel pieno delle sue funzioni.
Entro aprile c’è poi il grande appuntamento con il Recovery Plan da presentare alla Commissione Europea nella sua versione definitiva (e noi siamo in ritardo, con il PNRR ancora ai prodromi del suo iter parlamentare). Anche su questo punto il Capo dello Stato è stato pragmatico:
prima si presenta il piano, più tempo si ha per il confronto con la Commissione.
E tutti sappiamo che non sarà una passeggiata, alla luce delle valutazioni fin qui avanzate e dei punti deboli emersi nel nostro Recovery Plan. Insomma, c’è bisogno di mettere mano al piano per l’utilizzo dei grandi fondi europei e farlo presto, affinché “quegli indispensabili finanziamenti vengano impegnati presto”. La UE ha due mesi per discutere il Recovery Plan con il Governo ed un altro mese per arrivare all’approvazione del Consiglio Europeo per approvarlo. Insomma, il tempo stringe: se non si arriva ad un testo efficace e condiviso, si rischia di perdere i finanziamenti.
L’ipotesi del voto anticipato – considerati anche gli impedimenti materiali legati alla gestione del rischio di contagio – non è dunque sembrata la scelta più saggia, considerato che da quando si sciolgono le Camere servono almeno due mesi per arrivare alle elezioni. Più un altro mese per arrivare a formare l’Esecutivo e renderlo operativo, con la fiducia di entrambe le Camere. Insomma, viste le imminenti scadenze sul piano nazionale ed europeo a cui è chiamato il Paese, no è sembrata una strada percorribile adesso. Scartata questa ipotesi, per Mattarella è rimasta dunque solo quella di rivolgere:
un appello a tutte le forze politiche presenti in Parlamento perché conferiscano la fiducia a un Governo di alto profilo, che non debba identificarsi con alcuna formula politica
Da qui la scelta di Mario Draghi, a cui è stato conferito l’incarico di formare un Governo che affronti emergenze non più rinviabili.