In Italia, il dibattito pubblico e politico è incentrato sul Recovery Plan, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), legato a doppio nodo alla crisi di Governo ed alle sue evoluzioni in atto, con Mario Draghi che ha accettato l’incarico di formare un nuovo esecutivo, eventualmente rimettendo mano anche al PNRR e spianando le incertezze di Bruxelles nei confronti della versione finora messa a punto dall’Esecutivo uscente. Si tratta del documento con cui il Governo traccia gli obiettivi, le riforme e gli investimenti che l’Italia vuole realizzare con i fondi europei del Next Generation EU, attingendo al Recovery Fund. In tutto si tratta di quasi 224 miliardi di euro (circa 209 miliardi dal Recovery and Resilience Facility e 14 miliardi dal fondo ReactEu), che riceveremo entro il 2026. e che, attraverso il Recovery Plan, devono essere impiegate secondo le linee guida europee.
I punti deboli dell’attuale Recovery Plan
L’ultima versione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza approvata dal Consiglio dei Ministri del 12 gennaio 2021 ha incontrato molte critiche, prima fra tutte la mancanza di obiettivi specifici in ciascun progetto e di un cronoprogramma dettagliato per la loro realizzazione. Ora, il PNRR ha iniziato il suo iter parlamentare, un passaggio cruciale perché, dopo l’esame, il documento dovrà tornare a Palazzo Chigi per il recepimento delle proposte di modifica e poi di nuovo in Parlamento per l’approvazione definitiva. Il Recovery Plan dovrà poi essere inviato a Bruxelles entro il 30 aprile 2021.
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Se da una parte Matteo Renzi sostiene che il PNRR abbia troppi difetti e vada migliorato, spingendo maggiormente su cultura e giovani, dall’altra i tecnici di Camera e Senato ritengono i progetti finanziati nel Recovery Plan, così come si presenta nella versione del 12 gennaio, superiori alle risorse stanziate, rischiando di aggravare il deficit 2021 del Paese di 35,6 miliardi di euro rispetto a quanto già previsto dalla NaDEF (Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza). Critiche anche sul fronte industriale, emerse durante le audizioni parlamentari con le principali forze produttive del Paese. Mentre dunque si lavora, anche mediante confronto con gli stakeholder, ad una versione aggiornata e migliorata del Piano, vediamo quali sono gli attuali interventi definiti dal Governo.
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Obiettivi del Recovery Plan
Con il Recovery Plan, il Governo punta ad aumentare la crescita del PIL di 3 punti al 2026, a generare un impatto positivo anche su occupazione e su tutti gli indicatori di benessere e di sviluppo sostenibile, grazie agli investimenti attivati direttamente e indirettamente, e alle innovazioni tecnologiche introdotte, come spiegato recentemente dal premier dimissionario, Giuseppe Conte. Il Piano individua tre priorità trasversali, parità di genere, giovani e Sud e riequilibrio territoriale, perseguite – attraverso un approccio integrato ed orizzontale – in tutte le missioni che compongono il Piano. I criteri utilizzati per selezionare i singoli progetti di investimento puntano a concentrare gli interventi su quelli trasformativi, a maggiore impatto sull’economia e sul lavoro.
L’impianto del PNRR si articola in 6 macro-missioni:
- digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura (46,1 miliardi);
- rivoluzione verde e transizione ecologica (68,9 miliardi);
- infrastrutture per una mobilità sostenibile (31,9 miliardi);
- istruzione e ricerca (28,4 miliardi);
- inclusione e sociale (27,6 miliardi);
- salute (19,7 miliardi).
Ognuna di queste aree di investimento raggruppa 16 componenti funzionali per realizzare gli obiettivi economico-sociali definiti nella strategia del Governo e ogni componente si articola in 48 linee di intervento per progetti omogenei e coerenti. Per ogni missione sono indicate le riforme necessarie a una più efficace realizzazione, collegate all’attuazione di una o più componenti. Circa 66 miliardi sono destinati a finanziare interventi già approvati dal Governo nei mesi scorsi, come il cashback. Il 70% delle risorse andrà a progetti nuovi e all’attuazione di “riforme strutturali di contesto” a lungo rimandate, come la riforma della giustizia e del sistema tributario, nonché al proseguimento della lotta all’evasione e incentivazione della tax compliance, la revisione del sistema della fiscalità ambientale e l’introduzione dell’assegno unico universale.
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Da sottolineare che la bozza approvata il 12 gennaio differisce da quella circolata a fine 2020, avendo recepito modifiche come l’ammontare delle risorse destinate alla sanità, portate a 20 miliardi di euro, rispetto ai circa 15 miliardi stabiliti in precedenza.