Il Recovery Plan italiano sfora le risorse assegnate

di Alessandra Gualtieri

28 Gennaio 2021 16:40

Recovery Plan sotto la lente: il disavanzo sui costi rispetto alle risorse assegnate minaccia il deficit italiano, serve maggiore dettaglio e un piano b.

Secondo i tecnici di Camera e Senato, il Recovery Plan italiano, così come si presenta nella versione del 12 gennaio, rischia di aggravare il deficit 2021 del Paese di 35,6 miliardi di euro rispetto a quanto già previsto dalla NaDEF (Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza). Questo, considerato che «non risultano reperite risorse a fronte del margine di 14,4 miliardi di maggior impieghi rispetto all’ammontare complessivo finanziabile».

Tradotto: i progetti del Governo inseriti nel Recovery Plan per l’impiego delle risorse UE costano più (223,9 miliardi) di euro di quanto è stato assegnato all’Italia nell’ambito di Next Generation EU (209,5 miliardi) a integrazione del Recovery Fund. Lo si legge nel dossier a cura del Servizio Studi della Camera e Bilancio, con l’analisi finanziaria dei contenuti e degli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).

Un disavanzo di oltre 14 miliardi in relazione ai quali si ipotizzano due scenari. Il primo è che la Commissione europea bocci alcuni dei progetti per evitare lo sforamento e quindi andrebbe chiarito quale sarebbe in questo caso il destino di tali progetti. Il secondo è che tutti i progetti vengano accettati dalla UE ma in questo caso il governo dovrebbe «valutare se rinunciare spontaneamente alla realizzazione di alcuni interventi» o avviare ugualmente tutti i cantieri in programma, spiegando però in che modo si intende finanziarli.

Nel PNRR viene già dichiarato che le risorse programmate sono superiori a quelle assegnate, motivando tale scelta con la convinzione che, una volta finalizzata l’analisi sull’utilizzo di strumenti finanziari a leva, è verosimile che l’impatto in termini di indebitamento netto si riduca. L’altra motivazione è meramente pratica: considerata la “fase di trattativa” sui termini finali del Recovery Plan, il Governo mira a tenersi una sorta di margine di sicurezza.

Simili criticità sono state sollevate nei giorni scorsi anche da Confindustria – in linea con le osservazioni giunte anche da Bruxelles, peraltro – che ha lamentato poca chiarezza nel cronoprogramma presentato, la cui mancanza di dettaglio rischia di privare il piano di interventi di una reale sostenibilità.