Metalmeccanico, alimentare, turismo, edilizia green: sono questi i settori su cui l’Italia dovrebbe puntare per sostenere la crescita delle imprese, anche e soprattutto in vista della ripresa post Covid attesa nel 2021. «Il Coronavirus ha evidenziato i problemi che il Paese ha sempre avuto: burocrazia, debolezza del settore finanziario, mancanza di un programma preciso di sviluppo».
Paolo Galassi, presidente di A.P.I. (Associazione Piccole e medie Industrie), da tempo insiste sulla necessità di una politica economica che preveda una strategia per il manifatturiero, a maggior ragione in uno scenario come l’attuale. Ma non ritiene che la Legge di Bilancio attualmente in Parlamento, e i provvedimenti che il Governo sta attuando tramite i decreti anti-Covid, stiano correttamente rispondendo a questa esigenza.
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«Un’impresa ha bisogno di sapere cosa vuol fare lo Stato, deve poter decidere dove investire. Nella metallurgia? Nell’energia? In questo senso dico che ci vuole un programma per l’Italia. Che ha un tessuto imprenditoriale rappresentato da PMI, e ha bisogno quindi di patti chiari, dovendo competere con le multinazionali.
E invece, fino ad oggi, nel turismo non abbiamo investito. Nel manifatturiero continuiamo a perdere pezzi: la FIAT ormai è americana, la chimica è svizzero-tedesca. Manca un’idea strategica, continuiamo a basarci sull’iniziativa dell’imprenditore, che per fortuna è molto innovativo».
In realtà, in Manovra ci sono misure che vanno incontro a questa esigenza, ad esempio gli incentivi alle aggregazioni d’impresa o il potenziamento della strategia Transizione 4.0.
«Io sono nel mondo associativo da più di 30 anni, e si è sempre parlato di far crescere le nostre imprese. Ma l’ostacolo è la burocrazia. E poi c’è un fatto culturale, legato alle riserve, e magari anche ai personalismi, dell’imprenditore. Stanno ripetendo gli errori già fatti in passato. Lo dicono da 20 anni che le imprese devono crescere». Ma questo non è di per se stesso un obiettivo. «Ingrandire troppo, senza una strategia, è controproducente. Prima devono dire alle PMI su quali mercati si devono concentrare. Io sono d’accordo sul fatto che bisogna crescere, anche dimensionalmente. Ma non si risolvono i problemi di un Paese pieno di PMI pensando di farle fondere. Il punto centrale sono le regole, che devono essere uguali per tutti (ad esempio su fisco e lavoro), e una chiarezza strategica che consenta di fare squadra. E’ il Covid ha evidenziato gli atavici problemi del Paese: burocrazia, debolezza del settore finanziario, mancanza di un programma preciso di sviluppo.
Sul potenziamento della Transizione 4.0, invece, «bisogna adattare il piano alle esigenze e alle possibilità delle PMI. Dare loro gli strumenti per investire nella digitalizzazione. Invece, continuiamo ad avere problemi infrastrutturali. Perchè Pavia non ha la fibra veloce? Industria 4.0 è un grande progetto, ma non adattato al Sistema Italia».
E si torna al ruolo della politica economica, che deve risolvere i problemi burocratici, e modernizzare il Paese. Queste sono le priorità, e invece, sottolinea Galassi, «mi sembra che si affrontino sempre le cose in modo sbagliato».
Prendiamo la questione della stagione sciistica». Il modo corretto di procedere, secondo il presidente di API, è diverso da quello fin qui seguito. «Sciare non è rischioso, è un sport individuale che si fa all’aperto. Il problema è la sosta allo chalet, dove magari ci si ritrova in tanti a stretto contatto. E allora facciamo rispettare le regole sul distanziamento. Se no, rischia di fallire il gestore dell’impianto sciistico, il bar che fa da mangiare». Secondo Galassi «è lo Stato che fa le politiche economiche, non i medici o i virologi. Invece non c’è una strategia dello Stato».
E’ vero che «controllare questi processi è difficile, ma la cose più importante è far rispettare le regole». Invece, «siamo in una situazione in cui chi ha paura le rispetta troppo. E chi, al contrario, non le rispetta mette a rischio tutti». Qui c’è un invito anche al sistema dell’informazione e della comunicazione: «mostrare più esempi positivi», che rappresentino uno stimolo a rispettare le regole.
Insomma, «sono contrario alle misure che stanno bloccando anche l’economia». Le PMI sono una peculiarità e una ricchezza del sistema Italia.
In realtà, nel 2021, alla manovra economica (che quest’anno si inserisce in un contesto emergenziale), seguirà un Recovery Plan che ha proprio l’obiettivo di impostare una ripresa solida e di lungo respinto. Partendo dalla considerazione che bisogna dare indirizzi precisi, su che cosa bisogna puntare? «Metalmeccanica, alimentare, turismo. Abbiamo perso la grande chimica, ma in questo settore il segmento della specializzazione c’è ancora. E poi, coniugare risparmio energetico e sviluppo sostenibile con l’edilizia. E’ un settore fermo anche perché la maggioranza degli Italiani ha la casa. Ma magari non è a norma, non è conforme ai requisiti dello sviluppo sostenibile. E allora possiamo per esempio produrre una vernice che non inquina, puntare su nuovi materiali, cambiare le tecnologie costruttive, adattare le nostre costruzioni ai nuovi requisiti. L’Italia è bella, dobbiamo renderla funzionale, operativa, modernizzarla».
La strada per sostenere i settori chiave che vengono individuati qual è? Gli incentivi fiscali sono apprezzati, «quando dico che bisogna fare un un programma intendo anche questo: se uno investe in un settore strategico, paga meno tasse». Ma bisogna anche avere meno burocrazia e regole chiare e semplici. Tornando all’edilizia, bene l’Ecobonus al 110%, ma le regole sono troppo complicate». Sul fronte degli indennizzi alle attività più colpite dal Covid, bisogna riuscire a essere più selettivi: «che se senso ha dare 600 euro a tutte le Partite IVA? Per un bar che ha dovuto chiudere non sono una soluzione. Per un’attività che invece ha continuato a funzionare, e magari ha anche guadagnato, non sono necessari».
Le riforme da attuare devono anche stimolare i consumi. E sostenere maggiormente la classe media, che invece si sta indebolendo. «E’ una situazione preoccupante, «la gente ha i soldi in banca ma non compera, perché ha paura e perché guadagna sempre meno». Qui bisogna intervenire anche sul costo del lavoro, proseguendo ad esempio sulla strada del taglio del cuneo fiscale.
Le politiche per favorire l’imprenditoria femminile possono essere considerate un nuovo volano di sviluppo? «La cultura femminile in azienda sta già dimostrando da tempo il suo valore. Per esempio, nel cambio generazionale nelle PMI sta emergendo, e abilita un nuovo modo di fare impresa. Anche questa è una sfida culturale».