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Fase 3: testare meglio, testare tutti

di Alessandra Gualtieri

1 Giugno 2020 07:59

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Screening di massa come strategia di attacco al Covid 19: l'analisi di Paolo Marizza, Consigliere del Comitato Promotore #tamponailvirus.

Paolo Marizza, Consigliere del Comitato Promotore #tamponailvirus, spiega a PMI.it perchè la conoscenza derivante da diverse strategie di analisi diagnostica possa fornire le giuste risposte per la fase 3 dell’emergenza Covid, con una combinazione di metodi e tecnologie che ottimizzino affidabilità, scalabilità e velocità dei nuovi test oggi disponibili.

Chi mi legge potrebbe domandarsi come mai un economista-aziendalista scriva di tematiche che sembrano poco attinenti al suo background. Questo articolo è in realtà frutto della partecipazione al Comitato Promotore #tamponailvirus che si avvale della collaborazione di un Comitato Scientifico e di un Comitato Industriale composto da personalità scientifiche di chiarissima fama. Il Comitato Promotore è stato costituito con l’obiettivo di suscitare e supportare iniziative per la necessaria “exit strategy” dall’attuale situazione di emergenza, in un momento storico in cui il fattore tempo è vitale. Le opinioni espresse sono comunque personali e non riflettono necessariamente quelle del Comitato.

In questi mesi di isolamento sociale il “tampone” è assurto ai vertici della popolarità per la sua supposta infallibilità nel diagnosticare la positività al Coronavirus. Un oracolo cui inchinarsi, alimentato come nell’antica Grecia da vapori di gas ispirati dal pensiero scientifico prevalente. Un oracolo che però si fa attendere, occupato com’è nel dare risposte alle molte richieste di responso in lista di attesa.

Si sa che i responsi degli oracoli si prestano a diverse interpretazioni e anche il “tampone” non sfugge alla mitologica tradizione. E’ stato accertato che in circa due casi su tre anche le risultanze dei test molecolari presentano margini di errore, i cosiddetti falsi positivi e falsi negativi. Ma se all’inizio dell’epidemia era razionale considerare il tampone (test molecolare) come unico strumento di misurazione, oggi decine di test alternativi (sierologici) sono disponibili per la rivelazione di anticorpi contro SARS-CoV-2.  Molti sono già arrivati alla popolazione italiana e tutta via, in assenza di validazioni rigorose, questi kit potrebbero dare risultati poco affidabili, se non costituire delle vere e proprie truffe.

Individuare e validare i test migliori

In vista della fase 3 dobbiamo imparare ad utilizzare la nuova arma dei test sierologici, per passare da una strategia di difesa ad una di attacco al virus. Disporre di test rapidi e validi che permettono di identificare le persone venute a contatto con il virus è determinante per avviare uno screening massiccio su cluster/aree di persone a rischio, consentendo di risalire ai potenziali contagiati da contatti precedenti e l’autoisolamento dei contagiati. Le informazioni e la mappatura dello stato immunologico della popolazione esaminata avranno inoltre un valore vitale per comprendere la diffusione del virus, la sua stratificazione nelle varie sotto-popolazioni e lo sviluppo dell’immunità protettiva.

L’utilizzo di kit di test rapido non sostituisce l’analisi della presenza dell’RNA virale evidenziata dai tamponi, che diagnosticano l’infezione e non l’immunizzazione, ma si affianca a questa tecnologia a cui si ricorrerà per analisi più approfondite, secondo il giudizio degli operatori sanitari. In combinazione, questi due metodi rappresentano uno strumento insostituibile di ricerca e valutazione epidemiologica per la valutazione della siero-prevalenza nella popolazione.

Alcuni test rapidi con certificazione CE, pur essendo di natura puramente qualitativa e basati su metodologie di immunocromatografia o di fluorescenza in POCT, risultano avere (dai dati pubblicati dal produttore) i requisiti di sensibilità e specificità richiesti per poter essere considerati di qualità ed affidabili: sensibilità non inferiore al 90% e una specificità non inferiore al 95%. La sensibilità di un test è la capacità di individuare i veri casi positivi (in questo caso i veri immuni); la specificità è invece la capacità di individuare i casi negativi (i non immuni ossia le persone che non sono state infettate).

Un test con il 90% di sensibilità e il 95% di specificità darà rispettivamente il 10% di falsi negativi e 5% di falsi positivi. E’ necessario disporre di strumenti efficaci al 100%? Dobbiamo aspettare l’infallibile Covid 19 test? Nel mondo reale gli strumenti di misurazione si possono calibrare su diverse metriche di ragionevole accuratezza. Non abbiamo bisogno di sistemi di misurazione perfetti per la maggior parte delle cose che contano nella vita e per la vita. Nel caso del Covid 19 le misure di contagio/immunità devono essere perfette? Non se l’obiettivo finale è sfruttarne la scalabilità per testare un gran numero di persone in tempi rapidi ed a costi contenuti.

Perché? Gli studi condotti a Vo Euganeo dal professor Crisanti, Direttore della Cattedra dell’Unità Diagnostica di Microbiologia e Virologia dell’Università di Padova, hanno dimostrato che il 43,2% delle persone con conferma dell’infezione da SARS‐CoV‐2 era asintomatica, ma rappresentava comunque una importante fonte di contagio. In Germania, che ha già lanciato test sugli anticorpi in tutto il paese e sta conducendo studi per determinare quanta parte della sua popolazione è stata infettata da SARS‐CoV‐2 , i ricercatori hanno scoperto che il 14% della popolazione era stata precedentemente infettata.

Chi testa di più isola meno e salva più vite

La correlazione negativa tra numero di test e letalità evidenziata dal grafico non richiede ulteriori commenti.

In Italia, secondo analisi della Fondazione Gimbe su dati della Protezione Civile per il periodo 22 Aprile-6 Maggio, il numero di tamponi per 100.000 abitanti/die è molto esiguo rispetto alla massiccia attività di testing necessaria nella fase 2, ma soprattutto per la fase 3, ed esistono notevoli variabilità regionali sulla propensione all’esecuzione dei tamponi: da ca 40 a 200 tamponi/die per 100.000 abitanti. Il corrispondente dato medio per l’Italia è di 88 tamponi.

Mentre ci si dibatte in estenuanti dichiarazioni, spesso sentenziate da chi non ne ha proprio titolo, su affidabilità dei test al 95% rispetto al 98%, il Covid-19 continua a diffondersi. E ci saranno ancora mortalità e morbilità non Covid. Malati di altre patologie non possono accedere a terapie e interventi chirurgici potenzialmente curativi. Il Covid-19 non è la causa diretta, ma molti altri servizi medici critici sono stati paralizzati da strategie esclusivamente difensive.

Nelle epidemie di massa il tempo è l’essenza della terapia e di strategie articolate. Per vincere il Covid 19 è necessario monitorare il nostro stato immunitario, non solo come individui, ma come comunità: dalla famiglia, al luogo di lavoro, alla collettività.

La misurazione non è un responso binario del tipo Si o NO. I test diagnostici rapidi permettono di distinguere tra anticorpi della classe IgM (infezione relativamente recente), anticorpi della classe IgG (infezione più “vecchia“ e spesso sono correlata con la presenza di immunità dovuta a memoria immunologica) ed anticorpi della classe IgA (adatti a proteggere le mucose, tra cui quella dell’apparato respiratorio). Anche se si ottiene la conferma della presenza di anticorpi IgG con una linea colorata su un kit rapido ciò non garantisce un’immunità duratura a SARS-Co-V2. Un test anticorpale oggi può, se abbastanza sensibile e specifico, indicare la presenza di alcuni anticorpi ma non dà una risposta sì / no sull’immunità. Non dice se sarà possibile in futuro sviluppare nuovamente l’infezione. Non dice che l’infezione era presente sul metrò la scorsa settimana o che non ci si è lavati le mani prima di mangiare. Non dà la possibilità di stampare un passaporto di immunità.

E’ per questi motivi che i test rapidi, essendo a basso costo, dovrebbero essere effettuati su un numero ampio di persone e andrebbero ripetuti periodicamente a distanza di due o tre settimane, non solo in ambiti particolarmente esposti al rischio di contagio. In generale, si potrebbe adottarne l’applicazione, anche ripetuta, costruendo logiche di priorità quali, ad esempio strutture sanitarie, uffici pubblici, RSA, aziende/fabbriche, Scuole/Università, Aeroporti (screening all’imbarco, idealmente come standard internazionale). La Regione Emilia Romagna ad esempio ne consente l’utilizzo in molti ambiti, inclusi quelli lavorativi che si attengano al percorso di screening regionale prescritto per la valutazione dello stato sierologico di soggetti senza sintomi.

Una strategia di testing di massa ha anche un impatto positivo nel ricreare condizioni di fiducia nei rapporti sociali e lavorativi: non va infatti sottovalutata la dimensione “psicologica” di ricostituzione della fiducia dei cittadini verso le comunità di cui fanno parte. Non è un caso se il 60% del campione selezionato per lo studio epidemiologico promosso dal Ministero della Sanità su un campione ISTAT di 150.000 individui si è rifiutato o riservato di partecipare allo studio. Che sia il risultato di una comunicazione fatta di dichiarazioni e dibattiti disorientanti? O di posizioni pregiudizialmente negative sui test anticorpali? Oppure di timori di essere soggetti a isolamenti fiduciari e trafile burocratico-sanitarie?

Fase 3 in sicurezza: validare, testare e testare

Dal punto di vista epidemiologico, stime probabilistiche di esposizione/immunità basate su dati affidabili e statisticamente robusti possono essere un solido strumento di supporto alle decisioni per riprendere la vita sociale e lavorativa e per aprire le porte ai nostri anziani e ai più vulnerabili. Un approccio di screening di massa lo può consentire.

Il meglio è nemico del bene, non è razionale attendere una precisione, accuratezza e stabilità al 100% dei test per una diagnosi individuale affidabile. La tracciabilità e la validazione di molti test attualmente disponibili – tra cui test molecolari innovativi completamente automatizzati, che forniscono i risultati in circa 3,5 ore e test alternativi come i test rapidi sugli anticorpi – se utilizzati congiuntamente hanno i requisiti di applicabilità su grandi numeri per capire chi è infetto e chi è stato infettato e adesso non ha più il virus.

Per chi è stato infettato e per mappare e sorvegliare l’immunità delle nostre comunità abbiamo anche bisogno del test degli anticorpi. Su vasta scala. Naturalmente, i kit per test anticorpali economici non sono il Santo Graal. Abbiamo bisogno di una combinazione di test e tecnologie. E’ solo con la conoscenza cumulata derivante da diversi tipi di strategie di test, bilanciando sensibilità e specificità, affidabilità e scalabilità, praticità, utilità e velocità, che si possono ottenere le risposte di cui abbiamo bisogno.

Combinando i dati di tutti i programmi di test a livello regionale e nazionale sarebbe possibile, in tempi brevi, fornire una base di dati per un lasciapassare probabilistico e intelligente, per sagge decisioni di compromesso sulle dinamiche di mobilità territoriale e di aggregazione nella fase 3.

Dal 3 giugno si potrà andare in tutta Italia con mezzi pubblici e privati salvo limitazioni specifiche per aree soggette a un particolare aggravamento della situazione epidemiologica e indici di contagio. Sarà anche possibile entrare in Italia dai Paesi dell’Unione Europea, dell’area Schengen compresi Svizzera e Monaco, con regole differenti da Paese a Paese. Per chi varcherà i confini non sarà più prevista la quarantena obbligatoria con isolamento di 14 giorni.

Ma se per Fase 3 si intende il ritorno pieno al precedente stile di vita, al momento nessuno è in grado di prevedere quando si presenteranno le condizioni necessarie alla caduta di tutte le precauzioni. Non è necessario affinare il test perfetto, prototipo dopo prototipo tra le mura dei laboratori. Dobbiamo solo validare e testare, testare, testare. E imparare dalle misurazioni sul campo, preservando la privacy.

Progetto #tamponailvirus

In alcuni ospedali italiani sono in corso sperimentazioni per verificare e validare i dati di specificità e sensibilità dichiarati nei kit anticorpali. Come è stato fatto all’Ospedale San Camillo-Forlanini di Roma che ha completato il primo studio pilota, finanziato dalle donazioni al progetto #tamponailvirus, volto a determinare la sensibilità, precisione e specificità di un test sierologico rapido qualitativo per la determinazione qualitativa degli anticorpi lgM e IgG di COVID-19 nel sangue umano. I risultati del confronto sierologico-molecolare dimostrano una concordanza elevata a livello complessivo del 97,98% (98% per i pazienti e 97,7% per operatori sanitari).

Per contribuire a identificare i migliori test disponibili sul mercato e supportare gli sforzi degli enti regionali e nazionali individuando quelli realmente affidabili, il progetto #tamponailvirus ha donato diversi kit rapidi ad alcuni ospedali di riferimento: oltre al San Camillo-Forlanini ancheall’IRCSS Casa Sollievo della Sofferenza di S.G. Rotondo, ove è in corso di sviluppo un raffronto sistematico con altre metodologie di riferimento.

L’iniziativa del Comitato Promotore #tamponailvirus è un’iniziativa strutturata che mira a sviluppare una strategia di attacco al virus, mettendosi a disposizione delle Istituzioni e dei Centri qualificati del Paese, per accelerare la fase di validazione dei test rapidi e il loro uso per lo screening di larghi strati della popolazione.

L’ auspicio è che le risultanze di validazioni e test vengano messe a fattor comune e sistematizzate a livello nazionale per definire logiche e metodologie condivise e univoche di screening di massa. La tecnologia intelligente e la matematica dei modelli epidemiologici hanno già capito tutte queste cose. Ciò che manca è convincere migliori scienziati della sanità e regolatori a confrontarsi con la comunità scientifica e tecnologica globale, in particolare gli esperti delle statistiche, dell’apprendimento automatico e gli scienziati comportamentali.

Con la rapidità con cui i nostri medici e clinici di prima linea hanno dovuto redigere protocolli di ventilazione, di terapia intensiva, di pronto soccorso, ecc., esponendosi al rischio di contagio e pagando un prezzo troppo alto in termini di vite umane, dobbiamo ripensare radicalmente ciò che è adatto allo scopo nei dispositivi diagnostici per le prossime settimane e nei prossimi mesi e adattare tali requisiti in tempo reale con le condizioni di contesto prevalenti.

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di Paolo Marizza, DEAMS Università di Trieste