La ripresa si è fermata, la redditività è in calo e il fatturato fermo ai livelli del 2017 in termini reali (+0,7%), anche se in aumento in termini nominali del +4,1%, contro il 4,4% dell’anno prima e un costo del lavoro in aumento del +5,6%, con effetti negativi sulla produttività e sui margini, tempi e ritardi nei pagamenti di nuovo peggiorati, dopo una lunga fase di miglioramento (2013-2018), ma questo non è andato incidere ad negativamente sui profili di rischio delle aziende, che risultano migliorati rispetto all’anno precedente: le aziende italiane restano finanziariamente solide, con un valore aggiunto in crescita (+4,1%). È questa in sintesi la fotografia scattata dal Rapporto Cerved PMI 2019.
Nonostante la congiuntura negativa, il sistema oggi è più robusto sotto il profilo finanziario. Le oltre 100.000 PMI che classifichiamo come “sicure” o “solvibili” potrebbero finanziare investimenti per 133 miliardi di euro, e risorse aggiuntive arriverebbero da un più adeguato utilizzo delle nuove tecnologie, come le piattaforme Fintech per la cessione del credito.
Sottolinea Andrea Mignanelli, AD di Cerved, in occasione della presentazione a Osservitalia, in collaborazione con Borsa Italiana, del Rapporto che fotografa lo stato di salute economico-finanziaria delle PMI italiane dal punto di vista dei bilanci, della demografia, del credito e del debito commerciale, del rischio di default, grazie al vasto patrimonio di informazioni di Cerved integrato con i sistemi di rating, di score e dai modelli previsionali sviluppati dall’azienda.
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Focus sul Codice della crisi
Il focus quest’anno è dedicato al nuovo Codice della crisi, a cui Cerved ha contribuito in qualità di partner scientifico del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili nell’elaborazione degli indici della crisi.
La novità normativa comporta per le PMI nuovi costi, stimati tra 20 e 40 mila euro l’anno (6 miliardi di euro complessivi), dovendosi dotare di sistemi di autovalutazione per monitorare il proprio rischio di default, con conseguenti investimenti non trascurabili in sistemi di risk management, formazione e per nominare gli organi di controllo. Ma se le imprese riusciranno a cogliere al meglio l’opportunità di migliorare la loro gestione economico-finanziaria offerta dalle nuove procedure di allerta volte a far emergere anticipatamente le crisi aziendali, con lo scopo di risanare società per cui la difficoltà è temporanea e rendere più rapida e meno costosa l’uscita dal mercato per quelle in cui è invece irreversibile, i benefici potrebbero superare i costi e raggiungere i 10 miliardi di euro.
Rapporto Cerved
Anche nel prossimo triennio, secondo l’analisi, le PMI italiane continueranno a evidenziare profili solidi, pur crescendo poco a fronte di una congiuntura economica debole. Il fatturato crescerà leggermente nel prossimo biennio. Gli indici di redditività subiranno un’ulteriore flessione: nel 2021, al termine del periodo di previsione, il ROE si attesterà al 10,4% (dall’11% del 2018). Il rallentamento registrato nel 2018 ha riguardato tutti i settori tranne le costruzioni, in ripresa dopo anni di forte debolezza.
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Queste le principali evidenze del Rapporto Cerved:
- il numero di PMI ha continuato a crescere nel 2018 ma a ritmi più lenti (+2,9%), rispetto al 2017 (+5,5%), raggiungendo quota 161 mila unità;
- tornano ad aumentare i fallimenti: nel 2018 è di nuovo aumentato il numero di PMI che hanno avviato procedure di default o di liquidazione, con una lieve inversione di tendenza quest’anno, con incrementi più sostenuti nell’industria e nei servizi;
- i debiti finanziari sono cresciuti per il secondo anno consecutivo, con un’accelerazione rispetto al 2017 (+2,2% contro +1,2%);
- le PMI hanno rafforzato il proprio capitale a ritmi decisamente più sostenuti (+8,5%);
- il peso dei debiti finanziari in rapporto al capitale netto è sceso nel 2018 al 63% (dal 66% del 2017 e dal 116% del 2007).
- grazie alla politica ultra-espansiva della BCE, anche l’incidenza degli oneri finanziari sui margini lordi ha raggiunto un minimo storico (13%);
- la quota di PMI con un bilancio ‘solido’ ha raggiunto un massimo nel 2017 (56,5%, rispetto al 39,4% nel 2012), mentre quella delle aziende con un bilancio ‘rischioso’ è scesa al minimo (12,1%, dal 22,7% nel 2012);
- nei primi sei mesi del 2019 sono tornati ad aumentare i ritardi e i tempi di pagamento delle PMI, ma la percentuale di aziende che saldano con ritardi superiori a due mesi rimane bassa e lontana dai massimi osservati durante la recessione
- gli investimenti delle PMI risultano in crescita nel 2018 raggiungendo il 7,1% delle immobilizzazioni materiali, dal 6,4% dell’anno prima, livelli di molto inferiori a quelli pre-crisi.