Sembra aver perso smalto l’ottimismo del Premier Giuseppe Conte dopo il primo giro di colloqui nell’ambito del Consiglio europeo. Intanto, la Commissione Ue ha ricevuto la sua lettera e la sta ora analizzando, ma in questo momento la procedura per debito risulta ancora giustificata per cui l’obiettivo primario è scongiurarla.
Se da un lato la missiva del Premier ha scelto di viaggiare “su un binario tecnico ed uno politico”, dall’altro non è detto che Bruxelles sia disposta ad accontentarsi dei pochi numeri forniti per quanto concerne il “binario tecnico” e disponibile ad affrontare ora, in un momento di tale emergenza, un dialogo così complesso e articolato come quello suggerito nell’ambito del “binario politico”.
«Lavoriamo per evitare la procedura, ma non lo si fa attraverso commenti sulle regole», ha infatti commentato il commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici. Detto questo, Conte ha confermato di volerle rispettare le regole (pur manifestando perplessità sul loro potenziale per la crescita effettiva).
Come come fare a garantire il rispetto del patto di stabilità a una manciata di giorni dalla sentenza? Bisogna infatti farlo entro i primi di luglio, perché la Commissione – se non convinta dei numeri italiani – potrebbe adottare la raccomandazione per l’apertura della procedura d’infrazione proprio in quei giorni, da presentare poi nel corso dell’Ecofin dell’8-9 luglio per farla approvare.
In effetti, come ha chiarito Moscovici, non è il momento di perdere tempo a parlare di modifiche a norme condivise ma lavorare per evitare la procedura per debito eccessivo. Bisogna concentrarsi sui numeri, sulle misure (non solo quelle per la legge di stabilità 2020). Che ad oggi, va detto, sono poco convincenti.
Dei 5,2 miliardi annunciati da Conte nella sua lettera, i primi 2 miliardi (quelli già accantonati a fine 2018 in sede di Legge di Bilancio) sarebbero già stati previsti e inclusi nelle stime UE, quindi non si possono contare.
Dei 3,2 miliardi rimanenti (minori spese per reddito di cittadinanza e quota 100), ne servirebbero almeno il doppio solo per coprire il disavanzo eccessivo del 2018 (per il quale si richiede all’Italia un aggiustamento dello 0,4% del PIL per il 2018). Senza contare il 2019 e il previsionale 2020, incluse le coperture per scongiurare l’aumento IVA. Quindi, i 3 miliardi da soli non bastano. Almeno non per la Ue.
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Qui si entra nel vivo del dibattito economico. Il premier ha dichiarato che, nel prossimo CdM sull’assestamento di bilancio, saremo in grado di certificare un rapporto deficit/PIL al 2,1% e non al 2,5% come sostiene la UE.
Restano comunque ancora esigue le risorse raggranellate.
Anche pere questo, il Ministero dell’Economia – azionista di maggioranza della Cdp – starebbe per chiedere alla Cassa depositi e prestiti un extra dividendo da quasi un miliardo di euro. Il consiglio di amministrazione è convocato per il 28 giugno.
Insomma, una corsa contro il tempo per tappare qualche buco e rendere più dignitoso il “tesoretto”.