Il dibattito di maggioranza si riaccende sulla flat tax: mentre sembrava complicarsi il quadro – con il ministro Tria contrario a una misura a rischio coperture ed il conseguente inasprimento dei rapporti con Salvini – ecco che Maio getta acqua sul fuoco affermando che sulla misura nel Governo sono tutti d’accordo, rilanciando addirittura con la proposta di aliquota al 15% per tutti i contribuenti del ceto medio:
«non si andrà oltre i 60-70mila euro di reddito annuo come tetto massimo».
Fino a questo momento l’ipotesi era di introdurre con la Legge di Bilancio 2020 una eventuale flat tax fino a 50-60mila euro. In pratica, invece di fare marcia indietro sulla riforma fiscale, si pensa di potenziarla.
C’è da rimanere confusi. Ma facciamo un passo indietro e spieghiamo bene gli ultimi avvenimenti.
Sullo sfondo c’è il concreto rischio di procedura d’infrazione UE per debito eccessivo: l’Italia deve convincere Bruxelles della solidità dei propri conti ma si dice intenzionata a farlo senza approvare nessuna manovra bis. Su questo, tutte le dichiarazioni degli esponenti dell’Esecutivo concordano.
C’è al contempo un’accelerazione sulla prossima manovra di Bilancio 2020, in modo da presentare soluzioni concrete ai partner comunitari.
Questa settimana si sono succedute diverse riunioni fra i leader della maggioranza, che hanno previsto sette tavoli tecnici sulle misure economiche.
Il dibattito sulla flat tax si è inasprito fra mercoledi 12 e giovedì 13 giugno: le cronache parlano di netta contrapposizione fra la linea della Lega che vuole fortemente la flat tax, e il ministro Tria preoccupato delle coperture, con il ministro Salvini che avrebbe addirittura lasciato la sala prima della fine il vertice. Una crisi di governo in vista?
Passano poche ore e sullo scontro Salvini-Tria si assiste a una generale retromarcia.
Di Maio: «ieri non ho visto il ministro Tria che diceva no, la flat tax non si può fare o non si può contemplare alcun tipo di deficit», e «quando l’incontro è finito – ha aggiunto – ci siamo alzati tutti quanti, il ministro dell’Interno non ha partecipato dopo a questioni più tecniche che riguardavano altri ministeri».
Ma è lo stesso Tria a fornire la smentita decisiva: «Salvini sarebbe uscito da Palazzo Chigi perché arrabbiato con me, invece siamo usciti insieme e poi tranquillamente ci siamo incontrati alla Camera».
Al di là della vera o presunta contrapposizione all’interno del Governo, è certo che i tecnici stanno lavorando alla flat tax da inserire in manovra. Tria smentisce di essere contrario:
ero favorevole alla flat tax anche quando non ero ministro, non sono mai stato contrario.
Però «bisogna vedere come si fa, le compatibilità, quando si fa, in questo momento gli obiettivi di deficit sono quelli, già è previsto un deficit».
Dunque, il problema delle coperture esiste. Come è logico che sia, del resto, viste le complicazioni relative ai conti pubblici (ci sono clausole IVA da disinnescare per 23 miliardi). E qui si inseriscono le nuove ipotesi di flat tax.
Da una parte Di Maio, che sembra rilanciare alzando fino a 70mila euro il tetto di reddito per i contribuenti.
Dall’altra la Lega, che secondo una serie di ricostruzioni di stampa starebbe considerando la seguente soluzione: mantenere nella prossima legge di Bilancio solo una parte delle risorse necessarie per non far scattare le clausole di salvaguardia, spalmando la parte restante sulle manovre dei prossimi anni.
Significa, probabilmente, chiedere ulteriori margini di flessibilità a Bruxelles.
In ogni caso, la proposta leghista sembra diversa da quella del M5S: flat tax accessibile solo a nuclei familiari con reddito fino a 50mila euro e singoli fino a 26mila euro.
Nessuno parla più di flat tax per le imprese (ipotesi che invece era stata prevista nelle scorse settimane). Si pensa, invece, a un taglio del cuneo fiscale di quattro punti.
Queste due misure (flat tax ipotesi leghista e riduzione costo del lavoro), costerebbero in tutto 14 miliardi.
Staremo a vedere. Il dibattito continua, e promette di intensificarsi fino al prossimo 9 luglio, giorno in cui l’Ecofin deciderà definitivamente se far scattare o meno la procedura d’infrazione.