La premessa è d’obbligo: al momento non c’è nessun testo di legge che istituisca i cosiddetti minibot per pagare i debiti della Pubblica Amministrazione, nemmeno in preparazione, e anzi il ministero dell’Economia ha ufficialmente escluso che ce ne sia bisogno. Ma lo scorso 28 maggio, alla Camera dei Deputati, è stata approvata una mozione che impegnerebbe il Governo a farlo.
Si tratterebbe di titoli di piccolo taglio (da 5 a 100 euro), una sorta di minibond (titoli di debito) ma senza scadenza, che lo Stato potrebbe usare per “pagare” i propri creditori. Chi li ricevesse al posto del denaro potrebbe utilizzarli per una serie di pagamenti (ad esempio, usandoli in compensazione per versare le tasse).
Una mossa che ha scatenato un dibattito internazionale in quanto prefigura, potenzialmente, la possibilità di emettere moneta parallela, un segnale di apertura all’uscita dall’euro (Italexit).
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Dopo l’approvazione della mozione (che ricordiamo non ha valore vincolante), lo scatenarsi del dibattito economico ha portato a tre fatti rilevanti.
- Pd e +Europa, che hanno votato la mozione (approvata all’unanimità), hanno fatta marcia indietro spiegando di non essersi accorti che il testo conteneva la proposta di minibot.
- Il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha ricordato che i minibot «sono sempre debito, non è di certo una soluzione al problema del nostro debito pubblico».
- Il Ministero dell’Economia ha diramato una smentita dichiarando che:
non c’è nessuna necessità né sono allo studio misure di finanziamento di alcun tipo, tanto meno emissioni di titoli di Stato di piccolo taglio, per far fronte a presunti ritardi dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni italiane.
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La presa di posizione del ministero, e le dichiarazioni di Bankitalia, sembrano decisive per sgomberare il campo da equivoci: non è in programma alcuna emissione di minibot. Sottolineiamo anche che una mozione parlamentare non è un testo di legge, neppure una bozza, ma un atto di indirizzo che, nel caso specifico, sembra già stato rispedito al mittente.
Fatte queste precisazioni (importanti), spieghiamo in modo più approfondito quali sono i termini del discorso, che tocca nodi fondamentali, sfiorando il tema dell’Italexit (l’uscita dell’Italia dall’euro). Perché? Si potrebbe prefigurare una violazione dell’articolo 128 del Tfue (trattato fondativo Ue), in base al quale solo la BCE può stampare moneta.
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I minibot potrebbero essere considerati come una sorta di moneta parallela. Qui il dibattito diventa tecnico, perchè secondo altre interpretazioni sarebbero più un’emissione di debito (come i bot). Resta il fatto che, nel momento in cui si accetta che vengano utilizzati per effettuare pagamenti, il confine diventa labile.
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Non di meno, lo stesso Claudio Borghi (Lega), firmatario della mozione e presidente della commissione Bilancio della Camera, ha dichiarato di considerarli un modo per uscire dall’euro:
in modo ordinato e tutelato.
L’Unione Europea proibisce di stampare valuta alternativa all’euro ma secondo Borghi non è vietato emettere titoli di stato di importo equivalente e con cambio uno a uno. Una sorta di primo passo verso l’Italexit, insomma, con tutte le conseguenze del caso in fatto di percezione sui mercati finanziari e di impennata di spread.
Al di là del dibattito, quindi, il segnale politico (nei confronti dell’Europa e dei mercati) c’è stato, nonostante le prese di distanza del Governo successive all’approvazione della mozione, che comunque ribadiamo non ha alcun valore vincolante.