Innovazione, economia circolare, Industria 4.0, internazionalizzazione e interessi di filiera: sono temi affrontati dal presidente di Confindustria, Giorgio Boccia, e dal ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, il vicepremier Luigi di Maio, in occasione dell’assemblea annuale di Viale Astronomia.
Ci sono, in entrambe le relazioni, spunti programmatici, consigli, analisi, con molte differenze anche di visione fra governo e industriali. Ma ci sono delle considerazioni strutturali, dall’una e dall’altra parte, che possiamo prendere come spunto positivo per le imprese.
Boccia ha sottolineato un dato notevole: l’Italia ha il primato europeo dell’economia circolare. E’ un campo in cui battiamo la Germania:
l’industria italiana è la più virtuosa d’Europa.
Supera quella tedesca quanto a minor utilizzo di input energetici, minor impiego di materia, minore intensità di emissioni di Co2, minore produzione di rifiuti e loro maggior recupero.
Siamo campioni dell’economia circolare. Per l’industria italiana la sostenibilità è un fattore di competitività».
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Dunque, un elemento innovativo che caratterizza il Sistema Italia con una leadership a livello internazionale.
Il Governo da parte sua, per spingere sulla leva dell’innovazione e della competitività, annuncia il potenziamento di Industria 4.0 e propone spunti sul fronte dell’internazionalizzazione.
Perché, sottolinea Di Maio, se da una parte «l’export è stato la nostra forza in questi anni di grave difficoltà», nel 2018 l’Italia ha «esportato merci per 463 miliardi di euro, il valore più alto mai raggiunto, con un aumento di oltre il 3% rispetto al 2017», è anche vero che «i margini per un ulteriore rafforzamento dell’internazionalizzazione ci sono e sono ancora molto ampli».
Fra gli elementi che confermano questa potenzialità, il dato sul mercato dell’italian sounding, secondo alcune rilevazioni pari a circa 100 miliardi di euro all’anno.
Esiste una domanda di Made in Italy che non riusciamo a intercettare».
Quali strategie per vincere la sfida? Alcuni spunti: «superare l’eccessiva concentrazione delle nostre esportazioni che per il 56% sono destinate all’interno dell’Unione Europea a 28», presidiare i mercati maturi, come quello statunitense, aumentare la penetrazione in mercato con tassi di crescita alti, Cina e India. Il sistema Italia, pur con i suoi risultati brillanti, ha un basso numero di imprese esportatrici: meno del 5% di tutte le imprese attive. Qui, un contributo importante può venire dalle medie e grandi imprese, le cosiddette “born global”,
promuovendo all’estero interessi di filiera e associando alla loro internazionalizzazione quella delle PMI.
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Sul fronte Industria 4.0, «il Piano ha ottenuto risultati importanti», ma ora «serve un cambio di passo, mettendo «le imprese in condizione di effettuare una programmazione di medio-lungo termine nella stabilità di un contesto definito», passando quindi «da un approccio straordinario a un approccio strategico».
Accanto alle sopra citate eccellenze, l’Italia sconta ancora ritardi importanti sul fronte dell’innovazione: «siamo agli ultimi posti in Europa per analfabetismo in ITC e per laureati in discipline scientifiche».Il dato è controbilanciato dalla «qualità dei ricercatori italiani, vanto riconosciuto a livello internazionale». Ma resta problema strutturale, che in qualche modo è riconosciuto anche da Confindustria. Non a caso, fra le prime richieste del presidente Boccia c’è il raddoppio in tre anni il numero degli ITS.
Fra le altre richieste degli imprenditori: riduzione costo del lavoro, infrastrutture, migliorare la qualità della pubblica amministrazione, tagliare i tempi della giustizia, pagamenti puntuali imprese-pa, credito imposta investimenti al Sud strutturale, stop al dumping contrattuale, contrasto all’evasione fiscale, sostenibilità.
Concludiamo, alla vigilia del voto europeo, con la vision dell’Europa del presidente Boccia, nell’ottica di ulteriore stimolo alle imprese: «Con più di 500 milioni di consumatori e oltre 23 milioni di imprese, l’Europa è la più grande area economica del pianeta dove persone e merci circolano liberamente: il 7% della popolazione del globo sviluppa il 22% del PIL mondiale. Siamo il mercato più ricco al mondo, il primo importatore, il primo esportatore».