L’imminente Decreto Crescita potrebbe essere la risposta di Governo alle critiche di Confindustria e all’allarme del suo centro studi sulla mancanza di crescita economica nel Paese (stime al ribasso di 0,9 punti), dove pesano soprattutto la scarsa domanda interna, il calo degli investimenti privati (-2,5%, Costruzioni escluse), la mancanza di fiducia sui mercati.
Anche lo spettro dell’aumento IVA nel 2020 non aiuta. Nè l’indebitamento in crescita della PA. Il timore è che una manovra correttiva sia inevitabile.
=> Stima rincari con aumento IVA
A deprimere gli animi, anche i nuovi dati sull’andamento delle retribuzioni, che vedono l’Italia elargire stipendi più bassi di dieci anni fa (elaborazione dati: ETUI – European Trade Union Institute), dove nel periodo 2009-2019 i salari si sono ridotti del 2% (pur considerando l’inflazione).
L’Italia, tra l’altro, è un Paese dove esistono anche forti gap retributivi su base geografica, dove al Sud si paga lo scotto di una endemica mancanza di politiche di crescita di lungo periodo.
Basta guardare gli importi delle retribuzioni presi a comparazione dei salari minimi e delle offerte congrue definite a margine dell’istituzione del Reddito di Cittadinanza, che in alcuni casi è più sostanzioso della busta paga media di un impiegato.
Anche dal confronto interno ai settori del comparto pubblico non emergono numeri confortanti. A fronte di regole e blocchi al turnover spesso condivise, esiste un andamento opposto tra le retribuzioni.
Ad esempio, in ambito pubblico il calo si registra soprattutto nel comparto Scuola (-800 euro tra il 2008 e il 2017), mentre sono in crescita gli stipendi nelle agenzie fiscali, nelle forze armate e negli pubblici non economici. Numeri che sembrano riflettere il ruolo chiave (o meno) di certi settori rispetto ad altri nella visione di crescita del Paese così come interpretata dalla politica.