Io so che tu sai che io non so, ma va bene cosi

di Anna Fabi

20 Febbraio 2019 10:56

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Paolo Marizza (Docente Deams UniTS e Cofounder Innoventually): il sapere nell'era delle distorsioni cognitive di massa.

Di questi tempi, i due ricercatori della Cornell University troverebbero ulteriori conferme di quanto da loro studiato già nel 1999, l’effetto Dunning-Kruger: le persone che sanno molto poco di qualcosa, hanno più probabilità di sentirsi come se ne sapessero molto perché la loro mancanza di conoscenza su un argomento li rende incapaci di riconoscere quanto non capiscono.

Dunning e Kruger studiarono dunque il fenomeno per il quale chi è poco informato su un argomento ha la tendenza a credere che la sua comprensione sia “al di sopra della media”.

I due ricercatori avevano peraltro individuato illustri precedenti a sostegno del fenomeno secondo il quale l’ignoranza genera maggior fiducia della conoscenza. Per Charles Darwin e Bertrand Russell, chi afferma di sapere è stupido, mentre quelli con immaginazione e comprensione sono pieni di dubbi e di indecisioni. Anche Shakespeare sosteneva che il saggio sa di essere stupido e lo stupido crede di esser saggio. Socrate, ancora, affermava che il sapere sta nella consapevolezza di non sapere. In tempi più remoti, Confucio affermava che la vera conoscenza consiste nella consapevolezza dell’estensione della propria ignoranza.

Partendo da questi presupposti, i due ricercatori condussero empiricamente molte sperimentazioni per sostenere e validare quanto affermavano. I risultati sono stati replicati in almeno una dozzina di diversi campi di applicazione: abilità matematiche, degustazione di vini, scacchi, conoscenze mediche tra i chirurghi, sicurezza e utilizzo delle armi da fuoco tra i cacciatori, conoscenze informatiche tra i programmatori, ecc.

Di volta in volta, a prescindere dai soggetti e dagli ambiti, i risultati dei test evidenziavano che le persone meno performanti classificavano la propria competenza come molto più alta di quella effettiva. In media, i candidati che totalizzavano punteggi inferiore al 10° percentile si auto classificavano intorno al 70° percentile: quelli che meno sapevano di cosa stava parlando credevano di saperne quanto gli esperti.

Ad esempio, la scarsa conoscenza scientifica consente di assolutizzare la certezza che il cambiamento climatico ed il riscaldamento globale siano una bufala. Stesso discorso per quanto concerne l’uso di antibiotici o il viaggio sulla luna.

Il gap tra ignoranza e consapevolezza è così ampio da non indurre al dubbio: non sapendone abbastanza, non si è in grado di riconoscere i pezzi mancanti del paradigma. Sfortunatamente, la scarsa competenza è più potente della conoscenza media del pubblico più consapevole.

L’effetto Dunning-Kruger è quindi una distorsione cognitiva che determina: la falsa convinzione di competenza in coloro che non sanno, una scarsa fiducia nelle proprie conoscenze nei più saggi.

Da Confucio in poi è un fenomeno che ha segnato la storia dell’uomo, ma che mai come ora – in particolare a causa dei social media e della possibilità di accesso alle fonti di informazione più disparate e non validate – ha avuto una così vasta diffusione. I tuttologi dilagano nel Web: caduti ingenuamente in una bufala o privi di informazioni affidabili,ci si getta a capofitto nei social ostentando certezze su assurdità di ogni genere. E purtroppo, per via dell’ignoranza estesa, molte di esse assumono credibilità.

L’effetto è particolarmente preoccupante quando qualcuno, con influenza o mezzi per comunicare, non trova contraltari che possano mettere in discussione con onestà intellettuale i diversi punti di vista. Figuriamoci argomentare per far riconoscere i propri errori. Ad esempio, i ricercatori hanno registrato diversi incidenti aerei che avrebbero potuto essere evitati se nell’equipaggio non ci fosse stato un pilota troppo sicuro di sé.

Cosa succede quando non si è disposti ad ammettere di esserne in difetto o di avere visioni parziali di un fenomeno? Si rifiuta l’idea di apertura all’ascolto. Non a caso, gli studi mostrano che i più poveri di conoscenze sono anche i meno inclini ad accettare critiche e i meno interessati al miglioramento personale.

E non è un fenomeno “classista”: riguarda tutte le categorie sociali, in quanto gli sviluppi esponenziali del sapere – sia negli ambiti delle scienze esatte che delle scienze umane – rendono velocemente obsolete le conoscenze apprese solo un anno prima.

È interessante notare che queste ricerche abbiano suscitato poca discussione sulle implicazioni sociali e politiche nelle democrazie, almeno in quelle rappresentative.

I cittadini, inevitabilmente “disinformati” sulla maggior parte delle questioni di governo, se non riconoscono di essere poco informati diventano facili prede di manipolazioni. E se decisioni e votazioni, referendarie o elettive, sono più simili al ragionamento logico che ai dibattiti sul calcio, non si può sperare in un processo decisionale razionale da parte dei cittadini, tanto meno in decisioni razionali non informate.

Diventa davvero difficile prendere decisioni consapevoli se si è inconsapevoli della propria disinformazione. Prevale invece la rassicurante certezza che il proprio giudizio sia basato su fatti e ragionamenti quando in realtà si basa su passa parola e superficialità amplificate dalle nuove tecnologie dell’informazione.

Pregiudizi subconsci, stereotipi, consuetudini e reiterazioni di messaggi rassicuranti per la loro immediata fruibilità e banalità orientano la formazione di propri “gruppi di affinità”, molto spesso autoreferenziali. Non piace sentirsi dire cose che non si vogliono sentire. Anche lo status sociale esercita un ruolo: c’è il bisogno di sentirsi in qualche modo superiori agli altri per mantenere il proprio senso di autostima.

Di conseguenza:

  • chi è più informato e dice cose complicate (che implicano fattualità scomode sebbene accurate) non piacerà a nessuno.
  • chi è meno sapiente non sfida per lo status sociale percepito ed è ben accetto quando afferma cose semplici che supportano pregiudizi diffusi e negano realtà scomode.

L’ effetto Dunning-Kruger nella nostra epoca rischia di avere magnitudo e impatti incomparabili rispetto alle epoche passate, in cui era già stato preconizzato. Con un presagio infausto per le future generazioni.

La politica, in particolare la democrazia, richiede che le persone siano coinvolte fornendo gli strumenti per la crescita personale e professionale, un sistema educativo che formi ad imparare e a reimparare per favorire l’autonomia di giudizio e l’onestà intellettuale del confronto. Perché, come diceva Karl Popper, il filosofo e politologo della Società aperta, se all’uomo razionale interessa imparare, all’uomo irrazionale interessa solamente avere ragione.

Quali gli antidoti a cui possiamo ricorrere? Certamente una buona dose di umiltà, l’impegno ad approfondire attraverso la lettura e lo studio, l’ascolto di più fonti. E soprattutto seguendo un percorso di apprendimento continuo, supportato da buoni maestri e mentori.

Come ha affermato Richard Buckmeister Fuller, uno dei più importanti innovatori del secolo scorso,

se guidassi una scuola, darei un voto mediocre a coloro che mi forniscono le risposte esatte, per essere dei buoni pappagalli. Darei un voto alto a coloro che fanno un sacco di errori e me ne parlano e poi mi dicono che cosa hanno appreso da essi.

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Articolo di Paolo Marizza, Docente Deams UniTS e Cofounder Innoventually