Ma perché 2,04%? Perché non arrotondare al 2%? Perché la necessità di comunicare due decimali – o meglio, decimale e centesimo – dopo la cifra intera nel rapporto deficit/PIL programmato per il prossimo anno? Forse vale la pena riformulare la domanda, come hanno fatto anche sui Social alcuni economisti, fra cui Luigi Marattin del Pd, capogruppo in Commissione Bilancio alla Camera. Da esponente di opposizione, il deputato dem ci è andato giù duro:
Le variabili economiche da sempre si approssimano al primo decimale. Perché allora dire 2.04% e non 2%? Perché sperano che per assonanza gli italiani credano che rimanga il 2.4% festeggiato dal balcone. Il governo cioè pensa che gli italiani siano stupidi. E questo è grave.
— Luigi Marattin (@marattin) 13 dicembre 2018
In effetti le ragioni di quella scelta sono più comprensibili se con malizia si ipotizza che lo staff della comunicazione, dietro alla doppia missione a Bruxelles del premier Conte e della trincea presidiata dal titolare dell’Economia, abbia puntato sull’assonanza. Quasi per lenire la retromarcia alle porte del quartier generale Ue.
In quei 0,36 punti percentuali ci passano 6/7 miliardi di euro da sottrarre al budget della manovra (36 miliardi), da rastrellare qui e là dalle misure di bandiera dell’esecutivo, come reddito di cittadinanza e quota 100.
=> Legge di Bilancio: le misure fiscali previste in origine
Sembra un voler giocare su finte corrispondenze, in un continuo gioco di numeri che somiglia a quello delle tre carte, che si è trascinato per tutto l’autunno. E che si è scontrato con le pretese della Commissione Europea.
Non sono complottismi, è un ragionamento oggettivo: se storicamente non si ricordano simili indicatori riportati in questa maniera significa che in quest’occasione, forse, c’è stata la volontà di farlo perchè se ne è valutato un qualche beneficio in termini di comunicazione e percezione nell’opinione pubblica.
Il fatto che tutti i media oggi ripetano 2.04% (e non semplicemente 2%) dimostra che la strategia di manipolazione partorita dalla Casaleggio Associati (e da chissà chi altro) qualche anno fa ha ormai pienamente vinto.
— Luigi Marattin (@marattin) 14 dicembre 2018
Detto questo, non so se il deficit al 2,04% sia davvero una “figuraccia” per Salvini e Di Maio, come ha tuonato l’ex segretario dem Matteo Renzi. E non so neanche – come nella giornata di giovedì 13 si sosteneva in alcune trasmissioni radiofoniche, fra cui Focus Economia su Radio 24 – se le trattative sarebbero dovute partire da livelli più bassi del deficit per poi salire e strappare magari di più.
In fondo, portare a casa un 2% – al netto di come si scelga di impiegare quella somma – sarebbe un buon risultato, considerando che Bruxelles avrebbe preteso almeno l’1,6%. Ma è presto per esultare. Così ha infatti commentato il Commissario UE, Pierre Moscovici:
L’Italia dovrebbe compiere ulteriori sforzi per il Bilancio 2019. È un passo nella giusta direzione ma ancora non ci siamo, ci sono ancora dei passi da fare, forse da entrambe le parti.
Vedremo, ma nel frattempo sul fronte italiano il problema sembra diverso. La sensazione di questa piccola-grande operazione di maquillage macroeconomico è che, se la si è messa in piedi, si pensa che possa essere efficace. Questo la dice lunga non solo sulla considerazione dei cittadini ma anche della volontà di non fare alcun passo in avanti.
Nè ci sarebbe la volontà di accompagnare gli italiani (elettori?) verso una più chiara comprensione delle sfide macroeconomiche. Si continua al contrario con i giochini, i falsi accordi, le armonie artificiose, la quintessenza delle fake news: non tanto una bufala data per vera, ma una verità passata per bufala.