Difficilmente si ricorda un percorso legato alla legge di bilancio – ex Stabilità o Finanziaria, che dir si voglia – tanto caotico, scivoloso e perfino pericoloso per i conti dello Stato. Il provvedimento sbarca oggi al Senato ancora in alto mare. In una settimana che si annuncia decisiva, anche perché dopo sarà tempo di torroni e panettoni: tutto ciò di cui si è discusso finora, e che è stato messo nero su bianco prima nella nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza e poi nella legge, andrà infatti riscritto, rivisto, profondamente ritoccato.
Con un primo risultato chiaro, che andiamo ripetendo da mesi: il Parlamento ha discusso per settimane di un’altra cosa. Cioè di numeri diversi dal vero, fissati col solo intento propagandistico quando il quadro macroeconomico era già ben delineato. Ha cioè discusso di una manovra fantasmagorica che non vedrà mai la luce. Un vero e proprio bluff autoinflitto.
Di fatto, è stato esautorato dai suoi poteri visto che i tempi, strettissimi, richiederanno una doppia approvazione inevitabilmente ponendo la questione di fiducia nel giro del prossimi dieci giorni. Prima appunto a palazzo Madama e poi di nuovo a Montecitorio. I segnali che occorre mandare all’Europa, in un gioco dell’oca fra reddito di cittadinanza e (pseudo)quota 100, spingeranno infatti il rapporto deficit-Pil verso il 2%.
Serviranno dunque almeno 7/8 miliardi di euro in meno rispetto a quanto previsto dal 2,4% stabilito dal governo Conte per sfiorare quell’1,95% offerto da Jean-Claude Juncker e colleghi, già ampiamente sopra le aspettative, per sotterrare almeno per il momento lascia di guerra.
Altrimenti sarà procedura d’infrazione con tutte le conseguenze del caso e già a partire da gennaio: nuova manovra correttiva da almeno 20 miliardi, controlli semestrali o trimestrali e indicazioni stringenti sulle scelte anche più specifiche, fine dei pur ristretti margini di politica economica nazionale. Altro che sovranismo: commissariamento all’italiana. Magari tornerebbe utile ai fini elettorali ma le famiglie si impoverirebbero ancora di più proprio mentre firmano la loro condanna a morte.
Non è un caso che gli italiani, storditi da un autunno farsesco e dal continuo tira e molla fra i due vicepremier Di Maio e Salvini che ora si rubano anche le competenze, comincino ad aver paura di quel provvedimento che qualcuno aveva perfino avuto la faccia tosta di festeggiare in piazza.
I sondaggi lasceranno pure il tempo che trovano, come scrive il revolucionario low cost Alessandro Di Battista dal buen retiro centroamericano. Eppure, secondo l’ultimo firmato da Swg per il telegiornale di La7, non solo il Movimento 5 Stelle sarebbe ancora in calo (26,2%) con la Lega stabile dopo mesi di marcia a tamburo battente (32%) ma la stessa legge di bilancio starebbe più innervosendo che galvanizzando. Insomma, non fa sognare gli italiani nonostante tutte le promesse che contiene, dal reddito di cittadinanza alla revisione della legge Fornero, che sarà parziale e forse a tempo.
I giudizi negativi nei confronti della manovra salgono infatti al 53%, un livello mai così alto da quando è in gestazione e in rialzo di cinque punti rispetto al 48% dell’ultima rilevazione di metà novembre e di sette rispetto alla fine di ottobre.
Gli italiani non sono sciocchi, sanno badare ai propri risparmi visto che hanno una propensione in quel senso fra le più elevate del mondo, hanno già provato con mano i rialzi dei tassi bancari sui nuovi mutui, la stretta al credito per le PMI e la possibile – probabile – procedura d’infrazione comincia forse a risultare un prezzo troppo elevato per tenere fede, e male, alle bambagie elettorali.
Anche perché non si parla d’altro che di reddito e quota 100: non di strategie di sviluppo, non di opere pubbliche, non di investimenti, addirittura la tassazione sulle imprese salirà di 6,1 miliardi stando all’analisi dell’Ufficio parlamentare del bilancio. Il dibattito è insomma schiacciato su quei due provvedimenti bandiera su cui Movimento 5 Stelle e Lega si giocano la faccia.
In tutta questa vicenda, che dovrà concludersi a breve pena l’esercizio provvisorio e la procedura d’infrazione Ue, una morsa da cui difficilmente il Paese – già in recessione – riuscirebbe a riprendersi, c’è un dato paradossale.
I due partiti di maggioranza hanno di fatto giocato a carte coperte: i continui e quotidiani cambiamenti ai provvedimenti di cui si fanno forti ne hanno nella sostanza impedito un’analisi accurata e specifica. Addirittura, in manovra non esistono indicazioni precise sulla loro attuazione ma solo le risorse stimate come necessarie.
Dall’approvazione della legge di bilancio, e dalla sua applicazione nei prossimi mesi, dipenderà gran parte della svolta nelle intenzioni di voto degli italiani e, più in generale, la fine della fatata luna di miele che ha soffiato il vento in poppa a Giuseppe Conte e ai suoi “capitani coraggiosi”.