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Manovra, la metamorfosi dei numerini

di Simone Cosimi

27 Novembre 2018 15:00

Dopo mesi di muscoli, Di Maio e Salvini si dimostrano aperti a qualche modifica per evitare la procedura d’infrazione, ma il vero obiettivo sono le elezioni europee di maggio.

Come cambierà la manovra? La metamorfosi sarà sostanziale o il valzer dei numeri ne lascerà la sostanza invariata? L’impressione è che intorno a quello 0,2% di flessibilità – per assurdo, a concederla è il governo con un debito monstre, non la Commissione Europea – si stia giocando più che altro una partita strategica in vista delle elezioni europee di maggio.

Sembra il tentativo della coppia Salvini-Di Maio di accreditarsi, dopo aver mostrato senza troppo stile ed eleganza i muscoli attaccando mezza Commissione, i cui leader “non difendono i numerini ma i cittadini”. Peccato aver perso oltre due mesi dietro ai primi, dimenticando i risparmi e la serenità dei secondi.

=> Legge di Bilancio 2019 e decreti collegati

Penalizzazioni Quota 100

Al centro della manovra, sempre gli stessi punti: in primis quota 100 per andare in pensione prima dei 67 anni previsti dalla legge Fornero. Fermo restando la possibilità di andare in pensione con 62 anni di età e 38 di contributi (ma poi si passerà a quota 101, 102 e così via, perché il requisito dei 38 di contributi rimarrà fisso) potrebbe arrivare il divieto di cumulo dell’assegno pensionistico per cinque anni, inversamente proporzionale all’età anagrafica.

Con questo potente disincentivo per chi sperava di ritirarsi prima, arrotondando come consulenti, si spera di tagliare la platea dei 400mila potenziali beneficiari intorno a 250-270mila persone nel 2019. Non solo, si introducono finestre di uscita: si andrebbe a riposo dopo tre mesi (dipendenti privati) o sei mesi (pubblici) dal momento in cui si è maturato il diritto. Nulla, invece, accadrà nel comparto della Scuola fino al prossimo settembre.

Così facendo si terrebbero in tasca 1,7 miliardi sui 6,7 previsti nella Legge di Bilancio che la Camera sta discutendo. Un documento, ovviamente, tutto da rivedere con emendamenti specifici al momento inesistenti che vadano incontro alle richieste di Bruxelles.

Reddito di cittadinanza

Il reddito di cittadinanza, che da mesi sta profondamente cambiando i suoi utopistici connotati, potrebbe  partire ad aprile (Sole 24 Ore) se non a giugno (Ansa). Ma i 780 euro li prenderà solo un single con casa in affitto. Ed anche i coefficienti di moltiplicazione per i nuclei familiari, così come la soglia ISEE di 9.360 euro considerata troppo generosa, potrebbero essere ritoccati.

Il solo slittamento, comunque, comporterebbe un risparmio intorno ai 2,2 miliardi sui 9 stanziati in manovra. Senza contare che concederebbe più tempo per la fondamentale riforma dei centri per l’impiego, altrimenti inadeguati a gestire un flusso di 5-6 milioni di persone. Non bastasse, tre o sei mensilità (in caso di una donna) saranno percepite dall’azienda che assumerà il disoccupato passando dal centro di collocamento. Idem per chi si ingegnerà a lanciare una propria impresa e bonus per il tutor che seguirà il cittadino nel caso in cui questi venga assunto.

Iter della manovra

Tutto è dunque appeso non solo agli emendamenti eventualmente presentati ma anche a una serie di passaggi tecnici. Mancano, per esempio, le tabelle del ministero dell’Economia sull’applicazione dettagliata dei diversi punti inclusi nella legge di bilancio. Ma di tempo ce n’è davvero poco: siamo a fine novembre, la manovra ha in sostanza un altro mese prima dell’esercizio provvisorio e da lunedì 3 dicembre arriverà in aula a Montecitorio dopo il lavoro in Commissione.

Siamo alle strette, perché per oltre due mesi quei numerini su cui oggi si dice di non volersi impiccare sono stati ritenuti invalicabili, essenziali per “un Paese sovrano”.

Perché un ministro dell’Economia che cercava una via di mezzo è stato umiliato in più occasioni, spegnendogli il microfono in audizione e mortificandone l’azione in tutte le sedi europee. E mettendo al lavoro il Parlamento su una legge di bilancio che contiene numerose inesattezze sia sotto l’aspetto delle previsioni, dalla crescita del Pil alla prospettiva di riduzione del debito, che nella stima delle applicazione delle misure contenute. A prescindere dal giudizio politico che se ne possa fornire.