Riforma pensioni e flat tax meno generose del previsto per rendere sostenibile la manovra, che non sforerà il patto di Stabilità europeo: sono le più recenti anticipazioni sulla Legge di Bilancio 2019, su cui continua a concentrarsi il dibattito politico alla ripresa settembrina.
C’è ancora tempo prima del 15 ottobre, data entro la quale il Governo deve approvare la Finanziaria (ex Stabilità), ma le diverse opzioni sono di giorno in giorno più precise.
In generale, l’Esecutivo è intenzionato a inserire quota 100, dual / flat tax per le Partite IVA tax e reddito di cittadinanza. Misure costose, soprattutto tenendo conto di quella che, ormai da anni, è la principale voce di spesa della manovra: la sterilizzazione delle clausole di salvaguardia per evitare l’aumento IVA, che costa 12,5 miliardi di euro.
La crescita, meno robusta del previsto, non aiuta a trovare margini di flessibilità particolarmente ampi in vista di una manovra che sarà finanziata attraverso misure di spending review e dalla pace fiscale, una sorta di sanatoria i cui contorni sono in via di definizione.
Vediamo brevemente come si configurano al momento le principali misure previste nella Legge di Bilancio 2019.
Riforma pensioni: quota 100
La misura prevista dal 2019 e quindi inserita in manovra è la quota 100, mentre la pensione anticipata con 41 anni contributi, misura più costosa, slitta ai prossimi anni.
Attenzione: anche la quota 100 rischia di essere eccessivamente onerosa, se realizzata senza paletti. In pratica, consentire a tutti di ritirarsi con somma di età anagrafica e versamenti contributivi pari a 100, pur mettendo il limite dei 64 anni di età, che in base ai calcoli INPS costerebbe circa 8 miliardi.
Si pensa a una misura che quindi consenta di ritirarsi con la quota a una platea ridotta, per ridurre la spesa fra i 2 e i 3 miliardi di euro. Diverse le ipotesi in campo: limitare la quota 100 a situazioni di crisi aziendale con esuberi, introdurre paletti ulteriori rispetto a quello anagrafico, magari prevedendo il ricalcolo interamente contributivo della pensione per chi sceglie la quota 100.
Riforma Irpef: Flat tax
La riforma fiscale prevista dal programma di Governo prevede un’aliquota fissa al 15% per i redditi fino a 80mila euro, al 20% per quelli superiori. Ma anche in questo caso, l’introduzione sarà graduale, per evitare di appesantire eccessivamente il bilancio.
Si è parlato fino ad oggi di una misura riservata solo alle Partite IVA, che potrebbero accedere all’ex regime dei minimi (con aliquota al 15%), fino a 100mila euro. Così formulata, la norma costerebbe intorno ai 3,5 miliardi e non si esclude che possa essere riformulata abbassando il tetto di reddito.
Sul fronte fiscale, in vista anche agevolazioni per le famiglie (probabilmente sotto forma di detrazioni applicabili in base al reddito).
Reddito di cittadinanza
E’ il capitolo più fluido, con l’unico punto fermo rappresentato dall’intenzione del Governo di introdurre le prime misure (attuare la riforma subito in modo completo costa troppo, almeno 17 miliardi di euro).
Ma non ci sono dettagli sul modo in cui verrà modulato l’intervento: si era già parlato di una norma di riordino dei centri per l’impiego, che costerebbe circa 2 miliardi, ma non si esclude ora che possa invece lasciare il posto, oppure essere accompagnata, dal altri interventi come la pensione di cittadinanza, che assicurerebbe un minimo di 780 euro a tutti i pensionati.
Altre misure
Si prevede la proroga degli incentivi Industria 4.0 (soprattutto iper e superammortamento, probabilmente rimodulato), mentre non è chiaro se si proseguirà con le agevolazioni per la formazione. Per le imprese 4.0 si pensa anche a un taglio del cuneo fiscale.
Per le nuove misure di decontribuzione per le assunzioni al Sud si pensa di portarle dall’attuale 50% per tre anni al 100% per due anni. Ci sono poi altre misure allo studio per il Sud e il piano di assunzioni nella pubblica amministrazione.
La pace fiscale
Per quanto riguarda il capitolo finanziamenti, parte delle risorse arriveranno dalla sanatoria fiscale, che sembra destinata a essere meno favorevole del previsto per i contribuenti. Non più aliquote differenziate per fasce di reddito, che ai meno abbienti consentiva di sanare la propria posizione pagando il 6% del dovuto (con aliquote che salivano poi al 10 e al 24%), ma un’aliquota fissa intorno al 20%.
Regole più stringenti se c’è già un accertamento fiscale in corso, oppure per chiuder eventuali contenziosi.
Sulla modulazione di questa norma sono due gli elementi che l’esecutivo sta valutando con maggior attenzione: da una parte l’esigenza di fare cassa, dall’altra quella di non rischiare ricorsi per anti-costituzionalità.