Una flat tax graduale con partenza prioritaria riservata ad alcune categorie di contribuenti, come le partite IVA, ed una successiva per l’entrata a regime completa, che al momento non si intravede. E’ questa l’impressione che si ricava dal timing fornito dal Governo, dopo le parole del viceministro all’Economia, Massimo Garavaglia:
la flat tax è un impegno di legislatura, qualcosa la faremo subito nella legge di bilancio e da lì imposteremo il lavoro, partendo dalle imprese e dalle partite Iva che sono in maggiore sofferenza». C’è anche l’auspicio che si possa fare «qualcosa di importante anche prima. Ci stiamo lavorando.
Traduzione: la flat tax è un impegno di legislatura significa che non è necessariamente una misura alla quale si debba immediatamente dar corso. E’ anche vero, però, che è stata un cavallo di battaglia elettorale.
In ogni caso, l’esecutivo sta effettivamente pensando a introdurla in modo graduale, quindi non subito per tutti i redditi, ma applicata a specifiche categorie di contribuenti.
Nei giorni scorsi è stata ventilata l’ipotesi che questo possa avvenire anche prima della manovra finanziaria, con un provvedimento ad hoc entro l’estate oppure anche con l’inserimento nel decreto Dignità in corso di preparazione.
Il viceministro non esclude nulla, anche se prudenzialmente riconduce il tutto alla prossima legge di Bilancio.
Staremo a vedere se ci sarà il provvedimento e, soprattutto, quali le tempistiche. Certo, par di capire che dovrebbe riguardare in primis le partite IVA e le piccole imprese.
Quindi, una sorta di regime dei minimi allargato (l’aliquota per le partite Iva forfettarie è appunto il 15%). Attualmente, sono circa 950mila i contribuenti a partita IVA che applicano il regime forfettario. La misura a cui il Governo sta pensando, porterebbe il numero a ad almeno 1,5 milioni di partite Iva.
Non sono chiari i contorni della manovra. Al momento, l’aliquota del 15% si applica con riferimento a massimali di reddito che cambiano per le diverse categorie di lavoratori autonomi.
Si pensa a prevedere un tetto minimo di ricavi, che potrebbe essere 50mila euro, sotto i quali l’imposta è comunque al 15%, oppure a intervenire sui limiti fissati per le diverse categoria, alzandoli.