Continui cambi di scena sul fronte della crisi politica: prima il ritorno dell’ipotesi di un Governo a maggioranza M5S – Lega proposto dal leader pentastellato Luigi Di Maio («fateci ripartire») nel timore che un voto anticipato possa vedere sovvertita la maggioranza di consensi ottenuti; poi la secca chiusura di Matteo Salvini («Di Maio riapre? Non è che siamo al mercato. Al voto il prima possibile») che evidentemente dal voto anticipato avrebbe da guadagnarci; poi un nuovo dietro front di Di Maio che rilancia l’esecutivo con il Carroccio, ma con Paolo Savona destinato a un ministero diverso da quello dell’Economia. Tutto questo lasciando sullo sfondo Carlo Cottarelli al lavoro nel tentativo di formare un Governo tecnico. Il premier incaricato in giornata è salito due volte al Quirinale a riferire gli sviluppi al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, e nel pomeriggio c’è stato anche un incontro fra Luigi Di Maio e il Capo dello Stato, segno che proseguono gli sforzi di concludere la crisi formando un Governo politico.
La situazione è dunque in una fase interlocutoria e fluttuante, con la ricomposizione del puzzle che pare rasserenare i mercati (Piazza Affari ha chiuso in rialzo, lo spread torna a ridursi).
Gli scenari attualmente in piedi sono i seguenti.
- Governo tecnico guidato da Cottarelli, ma quasi sicuramente senza fiducia in Parlamento e quindi dimissionario, destinato ad accompagnare il Paese a elezioni
- Rinuncia di Cottarelli, con elezioni il prima possibile (ipotesi 29 luglio).
- Esecutivo politico, formato dalla maggioranza parlamentare giallo-verde, forse addirittura allargata (Fratelli d’Italia). Uno scenario da definire, con un possibile ritorno di Conte o magari con premiership leghista a affidata a Giancarlo Giorgetti o allo stesso Salvini.
Il clima sembra dunque alternare momenti di dialogo, con diverse ipotesi sul tavolo, a nuove chiusure.
Quanto meno sembra in parte ricucito lo strappo politico-istituzionale (vedi provocazione impeachment) anche se resta temibile la minaccia sul fronte finanziario. Anche in questo senso, dopo Bankitalia non sono mancate le rassicurazioni nei confronti dell’Europa, con le forze politiche (5 Stelle in testa) che escludono qualsiasi volontà di uscita dall’euro.
Ma la voglia di tornare alle urne per strappare consensi è forse più forte. Anche a costo di un nuovo rialzo dello Spread. Una spada di Damocle che ormai incombe sull’Italia dopo l’eco internazionale avuta dal precipitare degli eventi, con effetto domino, nel fallito tentativo di un Governo Conte.
Un voto molto ravvicinato consentirebbe – forse – di arrivare in tempo ad un esecutivo in grado di tracciare una legge di bilancio capace di evitare l’aumento IVA sterilizzandone la clausola.
Per tranquillizzare i mercati e ridurre lo spread, tuttavia, si dovrebbe garantire un piano di riforme che tenga a bada il debito pubblico italiano nel perimetro delle indicazioni UE.
Questo servirebbe ad allontanare lo spettro default teorizzato come apripista dell’Italexit (uscita dell’Italia dall’euro), uno scenario “fuori classifica” in cerca di equilibri tra teoriche aspirazioni di partito e concreti scenari di sostenibilità economica.