Il punto che ha scatenato la più profonda crisi istituzionale della Storia della Repubblica ha mescolato merito e metodo. Partendo dal primo fronte e virando sul secondo. D’altronde, nelle Costituzioni c’è anche un lato “non detto”, spesso più importante di ciò che è stato messo nero su bianco. Occorre collaborazione continua fra istituzioni, basti pensare alla controfirma dei decreti legge.
Sulla nomina dei ministri, su cui per giunta esistono alcuni importanti precedenti (Scalfaro su Previti, Napolitano su Gratteri…) il discorso è il medesimo. Quella collaborazione non c’è stata. Anzi, quasi dal primo momento sul Colle si è fatta campagna elettorale.
A Sergio Mattarella, che ha legittimamente mosso un’osservazione su un solo ministro sulla squadra dei venti predisposti da Lega a M5S, è stato risposto inviando una sorta di passacarte privo di alternative.
Ho chiesto, per quel ministero, l’indicazione di un autorevole esponente politico della maggioranza, coerente con l’accordo di programma – ha spiegato agli italiani il Capo dello Stato – ho registrato con rammarico indisponibilità a ogni altra soluzione.
Per giunta, dopo aver favorito e quasi incubato la nascita di un esecutivo ben oltre le prassi costituzionali, fra gazebarie, cliccarie e febbrili incontri informali. Sostanza e forma, si diceva.
Cerchiamo di vederle in fila e capire per quale ragione Mattarella non se l’è sentita di firmare il decreto di nomina a Ministro dell’economista Paolo Savona con il suo pensante portato ideologico.
Il primo fronte è chiaro. L’Euro non è stato al centro della campagna elettorale né incluso nel pur nullo (sotto il profilo giuridico) “contratto”. Tuttavia:
l’incertezza sulla nostra posizione nell’Euro ha posto in allarme gli investitori e i risparmiatori, italiani e stranieri, che hanno investito nei nostri titoli di Stato e nelle nostre aziende – ha detto il presidente della Repubblica – l’impennata dello spread, giorno dopo giorno, aumenta il nostro debito pubblico e riduce le possibilità di spesa dello Stato per nuovi interventi sociali.
Quegli “ultimi” a cui molti dicono di volersi rivolgere vengono dunque penalizzati da posizioni simili. Legittime, ma da esplicitare prima e non dopo, con onestà e di fronte agli elettori: non da nascondere nella nomina di un ministro.
Ha guardato nei conti e nelle tasche degli italiani, Mattarella:
Le perdite in Borsa, giorno dopo giorno, bruciano risorse e risparmi delle nostre aziende e di chi vi ha investito. E configurano rischi concreti per i risparmi dei nostri concittadini e per le famiglie italiane – ha aggiunto – occorre fare attenzione anche al pericolo di forti aumenti degli interessi per i mutui, e per i finanziamenti alle aziende. In tanti ricordiamo quando – prima dell’Unione Monetaria Europea – gli interessi bancari sfioravano il 20 per cento.
Da questo punto, eminentemente legato alla tenuta del bilancio dello Stato e dunque della solidarietà sociale – chi comprerà il nostro debito? – deriva la perplessità su quella figura:
È mio dovere, nello svolgere il compito di nomina dei ministri – che mi affida la Costituzione – essere attento alla tutela dei risparmi degli italiani. In questo modo, si riafferma, concretamente, la sovranità italiana.
Dalla sostanza, però, si è passati quasi immediatamente al metodo. Tenendo da parte i continui sgarbi istituzionali da un lato e dall’altro la disponibilità di Mattarella ad accompagnare comunque la nascita del governo, la strana alleanza Lega-5 Stelle ha impostato il percorso istituzionale in chiave di ultimatum. Prima “Conte o niente”, poi “Savona o niente” e poi chissà cos’altro.
Chi trasforma il “no” su Savona in questione di principio, tuonando alla Germania matrigna e alla dittatura delle agenzie di rating, sbaglia sapendo di sbagliare o mente sapendo di mentire: era questione politica. E, al solito, si è preferito scioglierla in piazza, parlando di una messa in stato d’accusa che definisce solo il carattere antidemocratico delle forze che la propongono.
Sarebbe bastato riportare quelle e altre posizioni nelle mani di un esponente politico, Giorgetti o chi per lui:
Quella dell’adesione all’Euro è una scelta di importanza fondamentale per le prospettive del nostro Paese e dei nostri giovani – ha detto Mattarella – se si vuole discuterne lo si deve fare apertamente e con un serio approfondimento. Anche perché si tratta di un tema che non è stato in primo piano durante la recente campagna elettorale.
Come dire: non nascondetevi dietro Savona o al “principio Savona”; se volete diroccare un pilastro dell’assetto economico che produrrebbe conseguenze impossibili da stimare sui risparmi delle famiglie, sul tessuto sociale e sulle imprese, allora ditelo chiaramente. Diversamente, agite di conseguenza.