Colpo di scena: il premier incaricato Giuseppe Conte ha rinunciato all’incarico di formare il Governo. Dopo un intenso colloquio sulla lista dei ministri designati, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella ha incontrato anche Di Maio e Salvini, poi ha preso la sua decisione:
è mio dovere, nello svolgere il compito di nomina dei ministri che mi affida la Costituzione, essere attento alla tutela dei risparmi degli italiani.
All’ira di Di Maio che ha subito invocato l’impeachment (come la Meloni di FdI, mentre Salvini non si esprime e Berlusconi condanna), il Capo dello Stato ha opposto saldamente il suo ruolo di garante: nella firma dei decreti di nomina dei ministri, è un ruolo che costituzionalmente non può subire imposizioni. Mentre sul nome di Paolo Savona all’Economia Lega e Movimento 5 Stelle avevano posto una sorta di ultimatum: o lui o alle urne.
Economista, già ministro del Governo Ciampi, al centro del dibattito per le sue posizioni critiche sull’Euro, ha rappresentato una scelta che, sin da subito, i mercati finanziari hanno giudicato “pericolosa”, per l’economia italiana prima di tutto (default – uscita dall’Euro = crisi economica senza precedenti per l’Italia).
Borsa Italiana si è subito indebolita rispetto alle altre piazze europee; è subito salito il tanto temuto spread con il Bund tedesco (il differenziale è salito sopra i 200 punti base, toccando i livelli massimi da aprile 2017) e con altri paesi europei come Spagna e Portogallo; l’indice di Piazza Affari ha segnato cattive performance proprio quando tutti gli altri listini erano in positivo. Un irrigidimento dei mercati finanziari, dunque, in attesa della lista dei ministri e delle politiche economiche del nuovo esecutivo, in particolare sul fronte dei rapporti con l’Europa.
Ed anche se il premier incaricato nel suo primo discorso dopo il mandato di Mattarella aveva provato a rassicurare Bruxelles, il nome stesso di Paolo Savona, in termini di politica economica identificabile con i suoi “cavalli di battaglia” (default e uscita dall’Euro) – d’altronde presenti nel contratto di Governo e stralciati all’ultimo momento dopo lo sgomento provocato in tutto il mondo da quella bozza – ha portato ad un disaccordo insanabile tra Capo dello Stato, premier incaricato (con quel nome blindato) e leader dei partiti usciti vincitori dalle elezioni, non disposti a valutare altri nomi.
E a poco hanno valso le dichiarazioni dello stesso Savona – le cui tesi sono note da anni nel dibattito italiano ed internazionale – pubblicate nelle scorse ore online, ma pur sempre su un noto blog anti-Euro.
Dunque, un’imposizione di nomina, quella di Savona a capo di un Ministero così strategico, che ha posto Mattarella dinanzi ad una scelta sofferta:
L’incertezza sulla nostra posizione nell’Euro ha subito posto in allarme gli investitori e i risparmiatori, italiani e stranieri, che hanno investito nei nostri titoli di Stato e nelle nostre aziende. L’impennata dello spread, giorno dopo giorno,aumenta il nostro debito pubblico e riduce le possibilità di spesa dello Stato per nuovi interventi sociali. Le perdite in Borsa, giorno dopo giorno, bruciano risorse e risparmi delle nostre aziende e di chi vi ha investito e configurano rischi concreti per i risparmi dei nostri concittadini e per le famiglie italiane. Occorre fare attenzione anche al pericolo di forti aumenti degli interessi per i mutui e per i finanziamenti alle aziende. In tanti ricordiamo, quando prima dell’unione monetaria europea gli interessi bancari sfioravano il venti per cento.
Ebbene, a quasi tre mesi dalle elezioni politiche non soltanto l’Italia è senza Governo ma dentro ad una crisi istituzionale senza precedenti.
E adesso?
Sono stato informato di richieste di forze politiche di andare a elezioni ravvicinate. Si tratta di una decisione che mi riservo di prendere, doverosamente, sulla base di quanto avverrà in Parlamento.
Nel frattempo, Mattarella ha convocato per lunedì 28 maggio Carlo Cottarelli, che negli anni passati ha scritto per l’Italia la ricetta di Spending Review che ci aveva permesso di ridurre il debito. Un segnale chiaro.