Piazza Affari ha già risposto malissimo, partendo in rosso col peso della bozza di accordo fra Movimento 5 Stelle e Lega per il “governo del cambiamento”. Un programma smentita solo in parte (sarebbe aggiornato al 13 maggio) che rivela molto di quel che comporterebbe un Governo guidato dalle due forze politiche uscite vincitrici dalle elezioni del 4 marzo.
Dentro al testo, per fermarsi alle questioni economiche, c’è l’incredibile richiesta di cancellazione di 250 miliardi di debito alla BCE, sotto forma di titoli di Stato – possiamo solo immaginare la reazione di Mario Draghi – e la creazione di un fondo con 200 miliardi di immobili pubblici da cartolarizzare. Alla maniera di Tremonti.
Ci sono anche un meccanismo di uscita dall’Euro (smentito a 48 ore dalla sua formulazione ), il “superamento” della legge Fornero sulle pensioni dietro il miraggio della quota 100, la revisione dei trattati continentali e la volontà di fare carta straccia di patto di stabilità e crescita, fiscal compact e fondo salva-stati: tutto da “modificare radicalmente”. Tutto sbagliato, tutto da rifare avrebbe detto qualcuno, qualche anno fa.
Lo spread, la differenza di rendimento fra Btp e Bund tedeschi, è subito tornato a salire attestandosi intorno ai 140 punti base.
Nulla si dice, in quell’accordo, sulla prossima Legge di Bilancio – quella che dovrà sterilizzare 12,5 miliardi di euro e scongiurare aumenti dal 10 all’11,5% e dal 22 al 24,2% – ma ci si perde, in modo perfino un po’ infantile, se si pensa che quella dovrà (dovrebbe?) essere la bussola secondo cui impostare l’intera legislatura, intorno ai massimi sistemi. In ogni caso pericolosissimi.
Con Salvini che gioca a fare il vero antipolitico (basti pensare, fuori dal campo economico, alla “libertà” sui vaccini) e i 5 Stelle che, al solito, scivolano un po’ da una parte e un po’ dall’altra, consci che con certe posizioni il Colle si metterà di traverso. Così come gran parte della comunità internazionale. Così come moltissimi italiani, che non stanno tutti dentro i 15 milioni dell’asse gialloverde. E dell’Europa che, con buona pace di chi ama compattarsi intorno agli “euroburocrati”, siamo noi. L’Unione siamo noi e incassiamo ciò che seminiamo: né più, né meno.
Il tutto mentre, sui provvedimenti concreti, come avevamo visto ci sarà da attendersi una camaleontica retromarcia. La flat tax di aliquote ne avrà almeno un paio – sempre ingiuste eh, ma la questione inizia a sfumare – con diversi scaglioni in base ai quali modulare i diversi vantaggi fiscali per componenti del nucleo familiare e per quelli a carico. Il reddito di cittadinanza (“o come lo volete chiamare” dice Salvini con strategico disprezzo) durerà un paio di anni e sarà comunque declinato alla ristrutturazione e al rilancio dei centri per l’impiego, che al momento impiegano solo chi ci lavora. Quindi, non ora e chissà quando, per quanti e in che importi.
Insomma, l’impressione di queste lunghe settimane di stillicidio pseudopolitico, dal quale si aspettavano indicazioni sul da farsi autunnale, è che lo schema di programma sia in realtà una copertura per prendere tempo sui nomi, altro che ribaltamento della logica delle trattative.
Lo si capisce proprio dalla bozza trapelata e dal modo in cui i due leader ne danno conto sui propri canali social: dentro – lo dice pure un deputato, la bozza ottenuta dall’Huffington Post conteneva “un copia-incolla di entrambi i programmi, non fa fede” – ci sono contenuti di natura in gran parte ancora elettorali. Abbozzati, scritti male, formalmente privi di senso politico e spesso fuori da ogni grazia istituzionale e costituzionale.
La situazione non può che essere questa, considerando che si tratta della versione a cui i saggi caraibici stavano lavorando appena domenica scorsa, con Mattarella a contare i secondi. Trattasi di fumo negli occhi perché un governo con quel programma, anche se partisse, non arriverebbe mai da nessuna parte.
L’unico paragrafo da prendere sul serio, oltre alla fantasmagoria economica e fiscale che pure non va sottovalutata per quanto si commenti da sé (furto ai giovani con la riforma della Fornero, crisi finanziaria assai probabile, shock dei mercati nella fiducia sui nostri strumenti e sui conti), sta nelle righe dedicate al misterioso “comitato di conciliazione”: una specie di governo ombra, solo che nei Paesi democratici il governo ombra lo mette in piedi l’opposizione per condurre un controllo più stringente sulle azioni dell’esecutivo.
Nella macelleria italica invece, cucendo la testa di Di Maio e il cervello di Salvini, questa specie di soviet supremissimo penta-carrocciato e controllato via smartphone dalla Casaleggio dovrebbe intervenire nelle eventuali crisi di rigetto scatenate dal rischioso xenotrapianto istituzionale. Col rischio di sostituirsi al Consiglio dei Ministri, l’unico organismo deputato a qualsiasi scelta che riguardi ciascun italiano.