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PMI: le 6 regole per avere successo nell’Export

di Alessandra Gualtieri

3 Maggio 2018 12:06

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Da Co.Mark (Gruppo Tecnoinvestimenti), i consigli per un percorso di internazionalizzazione delle PMI vantaggioso in termini di sviluppo e fatturato.

L’internazionalizzazione è una grande occasione di sviluppo per una piccola o media impresa: l’allargamento dei mercati e l’ampliamento degli spazi di vendita possono incrementare il fatturato, in risposta ad ambizioni di crescita o per la necessità di sopperire a difficoltà nate sul mercato interno. Basti pensare che nel 2009, quando la stagnazione colpì il mercato nazionale, proprio le aziende che avevano creduto e investito nell’internazionalizzazione furono quelle ad uscire maggiormente indenni dalla crisi. Senza sottovalutare altri vantaggi concreti. Dal confronto con nuovi clienti, nuovi concorrenti e nuove abitudini di consumo, un’azienda può infatti ricavare anche input fondamentali per innovare la propria offerta e avviare così un circolo virtuoso di cui beneficiare anche all’interno dei propri confini tradizionali: più un prodotto è innovativo e più, infatti, diventa appetibile.

Allora, tutte le PMI potrebbero o dovrebbero avviare un’attività di export? Assolutamente sì, ma con l’accortezza di seguire con attenzione alcuni principi. Ecco, quindi, le 6 regole principali per intraprendere con successo un percorso di internazionalizzazione.

1 – Diventare consapevoli del potenziale di attrattività del proprio prodotto

Il mio prodotto può risultare attrattivo a livello internazionale? E’ la prima domanda che una PMI si deve porre per avviare una strategia di export in modo consapevole. Bisogna aver presente, infatti, che i prodotti non hanno tutti lo stesso margine di caratterizzazione e questo incide sul loro potenziale di attrattività. Materie prime o semilavorati, ad esempio, sono più difficili da proporre dove esiste già un’offerta che soddisfa la domanda e con la concorrenza dei mercati emergenti che diventa sempre più agguerrita. I prodotti manifatturieri finiti e ad alto valore aggiunto, al contrario, sono potenzialmente più attraenti ed è più semplice trovare per loro un mercato ricettivo. Sono le differenze che determinano il successo.            

2 – Accertarsi di avere capacità produttiva inespressa

Sembra scontato ma non lo è: per vendere di più occorre, prima, essere in grado di produrre di più. Un’azienda che resta senza scorte si espone al rischio di non poter evadere nei tempi richiesti gli ordini d’acquisto ricevuti e di non rispettare le condizioni di vendita pattuite contrattualmente. E non rispondere in modo adeguato alle regole del mercato si può tradurre in un danno d’immagine quasi sempre irreparabile, che può compromettere definitivamente tutta la propria strategia di internazionalizzazione.

3 – Disporre di un organizzazione aziendale adeguata

Avere un prodotto competitivo e una sufficiente capacità produttiva sono ottimi punti di partenza, ma ancora non bastano per muovere in sicurezza i primi passi nell’export. Nel confronto internazionale la professionalità è fondamentale e non ci si può improvvisare in ruoli che, invece, richiedono esperienza e conoscenze specifiche.

In un’azienda devono esserci, prima di tutto, figure capaci di sviluppare la strategia di export più adatta, che conoscano le regole del marketing internazionale e si sappiano muovere in scenari evoluti utilizzando tecniche moderne. In quest’ottica, ad esempio, il web marketing sta diventando un elemento sempre più cruciale. Inoltre, è fondamentale avere a disposizione del personale commerciale adeguatamente preparato all’export, capace di tradurre la strategia in operatività attivando i contatti giusti sui mezzi giusti. Infine, occorrono figure amministrative con una conoscenza specifica della normativa internazionale.

4 – Adottare strumenti e soluzioni al passo con i tempi

Disporre di strumenti di ultima generazione è importante in tutte le fasi di un’attività di export. Ad esempio, durante la pianificazione strategica: per l’analisi del comportamento dei competitor e per la valutazione di mercati e canali. O, ancora, a supporto dell’attività commerciale.

Fino a qualche anno fa, i venditori giravano in auto, con in mano una cartina geografica e un elenco telefonico: sembra un tempo lontanissimo se si pensa che, ormai, anche il più evoluto foglio di lavoro Excel risulta uno strumento superato. Oggi, infatti, ci sono soluzioni capaci di semplificare e accelerare notevolmente il lavoro dei professionisti dell’export, riducendo significativamente anche i margini di errore: piattaforme per l’analisi e la comparazione, nonché strumenti di CRM per la definizione delle priorità e la produzione di report d’avanzamento.

5 – Agire con una logica geografica, di canale e di prodotto

L’obiettivo di chiunque avvii un’attività di export è quello di sfruttare al massimo il potenziale offerto da una piazza estera. Ma quando si può dire che un mercato sia veramente ben presidiato? La risposta è la combinazione di tre elementi: copertura territoriale completa, utilizzo di tutti i canali possibili (es. grande distribuzione, vendita diretta, e così via), piazzamento di tutta la gamma dei propri prodotti.

E’ facile capire che per “coprire” davvero una regione occorre non avere fretta. Questo vale soprattutto per le imprese più piccole, che non hanno un export manager: meglio approcciare un mercato alla volta, magari partendo dal più vicino, per passare poi ad uno più lontano e meno battuto fino ad arrivare ad un mercato vergine. In questo modo sarà possibile acquisire, strada facendo, l’esperienza necessaria ad affrontare mercati via via più complessi.

6 – … non bisogna essere perfetti!

Anche se si è in regola con tutti i requisiti fin qui elencati, intraprendere una nuova avventura all’estero può legittimamente generare timori e titubanze, magari perché mancano esperienza o professionalità specifiche sufficienti. I fatti, però, dimostrano che le PMI italiane non solo possono gareggiare a testa alta nell’arena internazionale, ma anche ottenere grandi risultati sbaragliando la concorrenza.

In questi casi, quindi, si può scegliere di affidarsi a specialisti esterni, purché siano idonei a dimostrare concretamente capacità e successi in materia di export e siano pertanto in grado di aiutare l’azienda a strutturarsi al meglio, soprattutto in fase di avvio.
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a cura di Massimo Lentsch, fondatore e amministratore delegato di Co.Mark – Gruppo Tecnoinvestimenti