Il copione di primavera che caratterizza gli ultimi anni in materia di politiche economiche si sta puntualmente ripresentando: l’Europa bacchetta l’Italia sui conti pubblici, si ipotizza il rischio di manovra bis, c’è già chi fa i conti sull’entità delle misure di risanamento da prevedere e sul loro costo. Il motivo, è sempre lo stesso: evitare l’aumento IVA previsto dalle clausole di salvaguardia. In realtà, complice forse anche la fase politica che vede il paese alle prese con la formazione del nuovo Governo, il dibattito è un po’ sottotraccia rispetto al solito, non sembrano esserci reali preoccupazioni sulla necessità di fare una nuova manovra. Le posizioni ufficiali di Bruxelles hanno visto i conti italiani pienamente promossi, e per ora non ci sono quindi moniti UE da rispettare.
Però, Valdis Dombrovskis, vicepresidente della Commissione UE, rilasciando un’intervista al Tg5 a margine del workshop Ambrosetti, ha ricordato che per l’Italia è «importantissimo» attenersi «ai target di bilancio, riduzione di deficit e debito», e che bisogna correggere strutturalmente il bilancio dello 0,3% del Pil. In ogni caso, per ammissione dello stesso Dombrovskis, le valutazioni ufficiali verranno fatte all’inizio del prossimo semestre. Nel frattempo, «il governo, attualmente in carica per la gestione corrente, presenterà un DEF fondato su uno scenario politico immutato», mentre sarà il prossimo esecutivo a «preparare un nuovo approccio».
Nulla di nuovo, insomma, fonti del Ministero dell’Economia sottolineano che «si tratta della correzione annunciata dal ministro Padoan alla Commissione con una lettera lo scorso 30 maggio 2017 e che il governo ha programmato con la legge di bilancio 2018, come si evince dalla Nota di aggiornamento al DEF dello scorso settembre».
Dunque, nessuna manovra bis in vista, le nuove misure di politica economica confluiranno nella prossima Legge di Bilancio 2019.
Che, secondo i calcoli della Cgia di Mestre, dovrà essere pari ad almeno 18,5 miliardi di euro: 12,4 miliardi per sterilizzare l’aumento IVA che diversamente scatterà dal 1 gennaio 2019, altri 3,5 miliardi per il rispetto dei parametri UE (pareggio di bilancio previsto dal “Six pack”), ulteriori 2,6 miliardi per “coprire” spese non differibili (ad esempio, il rinnovo del contratto degli statali).