Uber, la più grande compagnia di trasporto privato, non possiede veicoli; Facebook, il proprietario dei mezzo più popolare al mondo, non crea contenuti; Alibaba, il rivenditore più diffuso, non ha inventario; Airbnb, il più grande fornitore di alloggi al mondo, non possiede immobili. Queste società sono piattaforme globali che operano una nuova intermediazione – digitale – tra strutture fisiche e virtuali. Senza confini, non produce nulla ma collega persone che hanno qualcosa con altre a cui serve qualcosa.
Amazon, Facebook, Google, Baidu, Tencent, Alibaba, Uber, Twitter e compagnia non hanno altro che una massa critica di acquirenti e venditori, produttori di contenuti e consumatori di contenuti, conducenti e passeggeri, creditori e debitori che vengono connessi tramite le loro piattaforme.
La materia prima è l’identità, gli stili di consumo e di vita, gli interessi e le passioni delle persone che connettono. Le loro piattaforme tendono quindi a orientare e gestire i comportamenti delle loro comunità.
Fintech
Queste nuove forme di intermediazione stanno irrompendo anche nel mondo della finanza e quindi nelle tasche delle persone: Amazon, dopo i supermercati, le farmacie e gli ospedali, punta ora sulla concessione di prestiti attraverso una partnership con Bank of America Merrill Lynch per ampliare il suo programma di finanziamento ai fornitori. Si tratta di una mera attività ancillare per lo sviluppo del proprio core business. La vera “minaccia per le banche” potrà venire solo da politiche di tassi e condizioni al ribasso. Del resto Amazon è già presente nei pagamenti (AmazonPay), dove opera con commissioni funzionali ai suddetti obiettivi.
Transazioni dirette
Le banche saranno invece più direttamente investite dal recente recepimento, anche in Italia, della nuova Direttiva europea sui Pagamenti, la seconda Payment Service Directive (PSD2). Essa introduce un’innovazione potenzialmente rivoluzionaria: si fonda sulla la possibilità di effettuare pagamenti mediante trasferimento diretto di fondi da un conto ad un altro, da IBAN a IBAN, utilizzando non più i tradizionali circuiti basati su carte di credito/debito, ma terze parti non bancarie (TPP -Third Party Providers) a ciò autorizzate per legge.
Le banche, previo consenso del cliente/correntista, comunicheranno il “bene-fondi” on-line (Si/No pago), a fronte di una richiesta proveniente da queste terze parti, per l’importo oggetto del pagamento.
La nuova normativa – recepita dagli Stati membri il 13 gennaio 2018 – implica il superamento degli attuali assetti della value chain dei pagamenti, con importanti ricadute in termini sia di efficienza operativo-transazionale, sia di natura gestionale nelle attività di rendicontazione/contabilizzazione dell’evento generato dall’attività d’incasso da parte del creditore.
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Verso nuovi scenari
Il cambiamento normativo nonché l’esigenza di trasferire i fondi dal conto corrente del debitore al conto corrente del creditore in modalità trasparente e diretta, avvertita dal legislatore europeo, vedrà nascere nuovi operatori e stimolerà la concorrenza, creando minacce e opportunità per gli assetti esistenti che altri paesi europei stanno già sperimentando.
Ad esempio nel Regno Unito l’introduzione dell’open banking, una forma ancora più avanzata di maggiore concorrenza ed apertura del sistema bancario rispetto alla PSD2, la possibilità per le terze parti di accedere ai conti bancari dei consumatori non solo per ottenere informazioni sulle transazioni, ma anche istruire i pagamenti, si è già concretizzata.
Ci sono nuove opportunità per i nuovi operatori di diventare fornitori di servizi ad ampio spettro per facilitare l’interazione tra pagamenti, l’infrastruttura bancaria aperta e la distribuzione organizzata. Questa visione del futuro potrà generare un cambiamento epocale nel rapporto tra produttori, distributori e consumatori. E’ una significativa opportunità per la distribuzione di grande, ma anche di piccola dimensione per incentivare i clienti a passare a pagamenti più efficienti e anche istantanei da conto a conto, offrendo contemporaneamente una considerevole personalizzazione basata sui dati transazionali e di acquisto del cliente.
Non si tratta solo di pagamenti. Recenti sondaggi rilevano che oltre il 90% dei retailers (food e non food) desiderano utilizzare la PSD2 per ridurre le commissioni sulle carte e tre quarti di loro vogliono anche utilizzare l’opportunità per ridurre l’impatto di frodi e violazioni dei dati. Ma soprattutto puntano ad utilizzare le informazioni sui comportamenti di spesa dei clienti per fornire offerte speciali e servizi personalizzati presso il punto vendita. Fenomeno che a sua volta provocherà un cambiamento radicale delle modalità e forme distributive dei punti di vendita stessi.
Si diffonderà una sorta di “disaccoppiamento dal debito“, in base al quale l’autenticazione forte dell’identità del cliente fornita dalle piattaforme alle app del rivenditore consentirà di disintermediare i circuiti delle carte tradizionali (alcune proiezioni indicano che un terzo del volume delle carte europee potrebbe scomparire nei prossimi anni) e anche il POS fisico stesso.
Amazon GO lo sta già sperimentando: auto-scansione dei prodotti del supermercato per alla fine vedere il carrello virtuale apparire sull’ app dello smartphone con l’ID touch biometrico, che richiede conferma con un click di pagamento immediato dal proprio conto a quello dell’esercente. Per il cliente, la proposta di pagamento con un click evoca una proposta di debito, ma invece quando il cliente esce dal punto vendita il denaro esce dal suo conto.
Queste logiche rappresentano una grande opportunità per i nuovi operatori che sviluppano un modello di business basato sui dati e sulla monetizzazione delle informazioni attraverso le tecnologie dei big data, dell’apprendimento automatizzato e del digital marketing.
L ‘open banking e la PSD2 offrono l’opportunità di reinventare se stessi anche agli operatori tradizionali. Dopo tutto, uno schema di pagamento non è solo un flusso di dati che collega consumatori, banche, produttori e rivenditori. Le banche ed i circuiti di pagamento esistenti anno decenni di esperienza per sfruttare sia le loro relazioni esistenti che quelle nuove che si presenteranno.
Anche i dettaglianti stessi, in particolare i milioni di piccoli esercenti, trarranno beneficio da questa transizione perché nasceranno una varietà di nuovi prodotti e servizi specializzati per aiutarli a gestire le loro attività.
Leve per la competitività
Questi cambiamenti fanno dire a molti che la nuova moneta è l’informazione e la capacità di sfruttarla con i nuovi modelli di business, siano essi piattaforme o altri modelli d’impresa, ma la vera nuova “valuta” è il capitale della reputazione. La reputazione si sta delineando come la chiave di volta dell’economia del 21° secolo, dando alla nostra credibilità online un’influenza offline, nel mondo reale.
È il patrimonio personale di fiducia che consentirà a tutti in futuro di accedere a servizi, conoscenze e mercati, consentendo nel contempo l’innovazione sociale. È la fiducia che permetterà alle persone di stabilire connessioni significative e scoprire un’umanità che è stata persa.
La fiducia è il fondamento di tutte le transazioni, da sempre.
Dal momento che la maggior parte dei modelli di consumo collaborativo, comprese le comunità online e le piattaforme peer-2-peer e crowdsourcing, richiedono alle persone di effettuare transazioni online con altre persone che non hanno mai incontrato di persona, la fiducia tra estranei è un prerequisito per i nuovi modelli di intermediazione.
L’aumento della fiducia innescato dall’irrompere delle nuove tecnologie richiede però miglioramenti significativi nel quadro istituzionale, contratti sociali più semplici, minore complessità delle transazioni e minori costi assicurativi. L’ auspicio è che il potere e l’influenza si spostino verso le persone con la migliore reputazione e le reti di fiducia solidale rispetto alle persone con potere nominale ed economico.
I sistemi basati sulla fiducia sono particolarmente importanti nella sharing economy, nell’economia di condivisione. Airbnb incoraggia gli affittuari a valutare gli ospiti e gli ospiti a valutare gli affittuari. Su Uber, i conducenti possono valutare i clienti e i clienti valutano i conducenti. E nei siti di problem solving come Taskrabbit si guadagnano punti e livelli quando si risolvono problematiche quotidiane con successo.
Inoltre, come sottolinea la sociologa Botsman (“Di chi possiamo fidarci”, ora anche nella versione italiana), la reputazione che si crea su una piattaforma ha valore anche in altri contesti, business o social. Ad esempio una valutazione su eBay migliorerà la probabilità di attrarre ospiti su Airbnb e quindi sul proprio portale di ecommerce. Il Web lascia una traccia di reputazione – un segnale di affidabilità.
Infomediari offrono già l’opportunità di gestire la propria reputazione e utilizzarla per ottenere informazioni, posizionamento o influenza. Un operatore come Virtrue, ad esempio, aiuta ad analizzare e verificare il background e l’identità personale utilizzando algoritmi e pacchetti di data analitics avanzati. Altri supportano l’autenticazione della storia scolastica e lavorativa di una persona.
Questi sistemi creano una simmetria di responsabilità e trasparenza tra le parti. Sai che ti stanno valutando e che tali valutazioni vengono condivise. Pertanto, responsabilità e trasparenza tendono ad autoalimentarsi. La fiducia basata sulla condivisione di piattaforme economiche sta diventando il motore centrale dei nuovi modelli di business e le piattaforme in più rapida crescita e di maggior successo sono quelle che sono state in grado di creare fiducia nella propria comunità.
La sociologa Raquel Botsman è illuminante quando parla di una nuova epoca, quella della fiducia distribuita, abilitata dalle nuove tecnologie. Tuttavia la tecnologia ha difficoltà a proteggere i moderni meccanismi di fiducia distribuita del web. La fiducia se abusata può creare vulnerabilità sistemica.
Rimane il dilemma tra nuovi modelli di business che consentono l’innovazione sociale e meccanismi di fiducia inclini a corrodersi. In molti casi, i sistemi di fiducia basati sul Web ci fanno progredire e abilitano l’innovazione sociale. Tuttavia, abbiamo bisogno di meccanismi di applicazione, modelli di business e regolamentazioni nuove e aggiornate se vogliamo ulteriormente sfruttare questa nuova valuta sociale.
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*Paolo Marizza, Co-founder di Innoventually