Hanno firmato tutti: i sindacati confederali, compresa la Cgil, e la Confindustria. Le parti sociali hanno siglato oggi in via definitiva l’accordo interconfederale del 28 giugno scorso su contratti e rappresentanza. Due temi fondamentali nell’agenda economica, anche alla luce delle nuove norme introdotte dall’articolo 8 della recente manovra finanziaria. E qui sta il punto: come si conciliano un accordo fra le parti che stabilisce le regole in materia di contrattazione (collettiva e aziendale) e una legge che prevede i contratti aziendali in delega a quelli nazionali?
Almeno in parte, una risposta all’interrogativo è rappresentata dal commento del ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, che dopo aver espresso l’apprezzamento del governo per «la responsabilità» dimostrata da tutti i firmatari, spiega: «l’accordo definisce le maggioranze che rendono le intese applicabili a tutti. La legge vi aggiunge la sua ‘forza’ per dare certezza agli accordi e si limita a definire le materie che liberamente e responsabilmente le parti possono regolare». Dunque, conclude Sacconi, «il sistema di relazioni industriali italiano si evolve così compiutamente verso la dimensione di prossimità come auspicano tutte le autorità sovranazionali».
I segretari della Cisl, Raffaele Bonanni, e della Uil, Luigi Angeletti, ritengono che la firma sia «un fatto importante che fuga ogni preoccupazione e distorsione che c’è stata in seguito».
La posizione della Cgil, però, resta più netta: la firma «neutralizza di fatto gli effetti dell’articolo 8 della manovra economica varata dal governo con cui si prevedeva la possibilità di deroghe nei contratti aziendali» spiega la segretaria Susanna Camusso, proseguendo: «abbiamo ribadito che la contrattazione è materia dell’autonomia delle parti e non del governo».
Ma comunque la Cgil proseguirà con le iniziative per arrivare alla cancellazione dell’articolo 8 della manovra, che resta un «obiettivo fondamentale». «L’ipotesi su cui ci stiamo muovendo è quella del ricorso alla Corte Costituzionale», conclude Camusso.
L’intesa definitiva di oggi è stata personalmente firmata dai tre leader sindacali e dalla presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. Gli industriali confermano «la comune volontà» delle parti di «dare applicazione all’accordo interconfederale del 28 giugno».
Come si vede, le dichiarazioni degli imprenditori e di Cisl e Uil sono più diplomatiche di quelle della Cgil e soprattutto non fanno esplicito riferimento all’articolo 8. Di fatto, l’accordo sottolinea la centralità delle parti nelle decisioni sui contratti e stabilisce regole precise per la rappresentatività sindacale. Visto che l’articolo 8 della manovra prevede che le deroghe ai contratti nazionali vadano concordate con i sindacati maggiormente rappresentativi, nella pratica l’intesa risolve la questione. Ma, come detto, la Cgil continua anche a voler cancellare del tutto una legge che, comunque, prevede la possibilità di venire meno allo Statuto dei lavoratori, e in particolare all’articolo 18 che sancisce l’impossibilità di licenziare.
L’accordo interconfederale prevede meccanismi precisi per la rappresentatività sindacale. Fra le altre cose, un sindacato per firmare un contratto deve avere almeno il 5% degli iscritti in quella categoria. Un contratto aziendale deve essere controfirmato da rappresentanza che abbiano almeno nel complesso il 50% degli iscritti fra i lavoratori di quella società. Il contratto può essere sottoposto a referendum. L’accordo da una parte prevede quindi i contratti aziendali, dall’altra sottolinea che il riferimento resta il contratto nazionale, che garantisce «la certezza dei trattamenti economici e normativi per tutti i lavoratori del settore».