È iniziato il percorso parlamentare del decreto di Riforma Contratti del Jobs Act approvato dal Governo lo scorso 20 febbraio: confermato lo stop alle collaborazioni dal 2016, c’è anche la contestata clausola di salvaguardia che prevede un prelievo aggiuntivo a carico dei datori di lavoro nel caso in cui le coperture non fossero sufficienti a coprire le spese di un eccessivo numero di trasformazioni dei contratti a tempo indeterminato. Ma si tratta di un punto su cui il Governo ha già dichiarato l’intenzione di fare marcia indietro.
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Il decreto, bollinato dalla Ragioneria dello Stato, è approdato alla Commissione Lavori del Senato per il necessario parere. Il punto su cui al momento si concentra l’attenzione è quello relativo al superamento dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa e a progetto: per tutto il 2015 restano in vigore, fino a scadenza, quelli già in essere, a partire dal 2016 bisognerà applicare un contratto subordinato. C’è anche una sanatoria per chi assume, sempre dal 2016, con contratto a tempo indeterminato lavoratori che precedentemente erano collaboratori, con l’estinzione di tutti gli eventuali illeciti amministrativi, contributivi e fiscali connessi con il precedente contratto.
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Più nel dettaglio, dal 2016 non sarà più possibile considerare collaborazioni i rapporti di lavoro caratterizzati da «prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative, di contenuto ripetitivo, e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro». Sono previste le seguenti eccezioni: collaborazioni per le quali accordi collettivi stipulati con i sindacati prevedono discipline specifiche, collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali con iscrizione gli albi professionali, attività di consiglieri di amministrazione, sindaci, componenti dei collegi o commissioni, prestazioni per le associazioni sportive dilettantistiche riconosciute dal Coni.
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Come si vede, nulla di nuovo rispetto al testo approvato dal Governo. La modifica è contenuta nell’articolo 56, dedicato a copertura finanziaria e clausola di salvaguardia. Ebbene, considerando che i contratti a tempo indeterminato sono incentivati anche dalla Legge di Stabilità, con la decontribuzione per tre anni, e che è in vigore il decreto attuativo del Jobs Act sul nuovo contratto a tutele crescenti, che elimina una serie di protezioni dell’articolo 18 (reintegro in caso di licenziamento ingiustificato) per i nuovi assunti, il Governo prevede minori entrate pari a 16 milioni di euro nel 2015, 58 milioni nel 2016, 67 milioni nel 2017, 53 nel 2018, 8 milioni nel 2019. Queste stime si basano sul presupposto di circa 20mila contratti a tempo indeterminato aggiuntivi con una retribuzione media di 15mila euro. Se queste cifre vengono confermate, le coperture ci sono, e sono individuate. ma nel caso in cui le trasformazioni di contratto a tempo indeterminato fossero più del previsto, e comportassero quindi spese maggiori, è previsto un «contributo aggiuntivo di solidarietà a favore delle gestioni previdenziali a carico dei datori di lavoro del settore privato e dei lavoratori autonomi». Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha già assicurato che questa clausola verrà eliminata dal testo definitivo. (Fonte: Testo del Decreto Riforma Contratti sottoposto a parare parlamentare).