I periodi di cassa integrazione a zero ore, o quelli non retribuiti da parte del datore di lavoro (esempio: malattia senza integrazione), non vanno conteggiati nelle 30 giornate di lavoro effettivo negli ultimi 12 mesi di disoccupazione necessari per il diritto alla NASpI per gli stagionali: la precisazione è del Ministero del Lavoro, in vista della circolare applicativa dell’INPS sui criteri con cui, dal prossimo 1 maggio 2015, verrà applicata la nuova NASpI. Si tratta della nuova assicurazione sociale per l’impiego che in base alla Riforma Ammortizzatori Sociali del Jobs Act sostituisce ASpI e mini-ASpI.
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In altre parole, gli eventuali periodi senza integrazioni da parte del datore di lavoro o di cassa integrazione a zero ore, determinano un ampliamento, pari alla loro durata, dei quattro anni all’interno dei quali bisogna avere almeno 13 settimane di contribuzione. Il riferimento normativo è il decreto legisiativo 22/2015, la Riforma Ammortizzatori sociali, che prevede il diritto alla NASpI per i disoccupati che abbiano, nei quattro anni precedenti la disoccupazione, almeno 13 settimane di contribuzione e possano far valere almeno 30 giorni di lavoro effettivo nei 12 mesi precedenti lo stato di disoccupazione.
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Tutti questi aspetti, precisa il Ministero, saranno dettagliati nella circolare applicativa INPS, attesa in vista della scadenza del primo maggio. Nel frattempo, da registrare le propteste dei lavoratori stagionali, che con la mini-ASpI hanno sei mesi di indennità a fronte di almeno sei mesi di lavoro, mentre con la NASpI avranno un trattamento per soli tre mesi. Il punto è l’articolo 5 della legge, in base al quale la NASpI spetta per un numero di settimane pari alla metà di quelle di contribuzione degli ultimi quattro anni. Esclude, però, dal calcolo le settimane su cui il lavoratore ha già percepito ammortizzatori sociali. Restano penalizzati gli stagionali che nel 2014 hanno percepito sei mesi di indennità a fronte di sei mesi lavroatir, e che nel 2015 matureranno “solo” tre mesi, sempre lavorando per i sei mesi ad esempio della stagione estiva. Un settore sucui questo meccanismo pesa particolarmente è il turismo, nel quale è frequente il lavoro stagionale. (La nota del Ministero del Lavoro).