Il presidente dell’Associazione dei fondi pensione negoziali (Assofondipensione), Michele Tronconi, chiede al Governo, nel corso dell’audizione di Assofondipensione davanti alla Commissione Parlamentare di Controllo sull’attività degli Enti gestori di forme obbligatorie di previdenza ed assistenza sociale, di cambiare il Disegno di Legge sulla Concorrenza varato lo scorso 20 febbraio 2015. Più in particolare l’Associazione che riunisce i fondi pensione negoziali cui sono iscritti oltre due milioni di lavoratori dipendenti, auspica che il Ddl:
«Possa essere adeguatamente emendato, se non stralciato nei punti di maggiore criticità e incoerenza con il sistema previdenziale complessivo».
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I motivi:
- la portabilità automatica del contributo che il datore di lavoro versa al fondo pensione negoziale cui è iscritto il dipendente verso altre forme di previdenza complementare scatenerà una “guerra fratricida”, una corsa ai già iscritti, a scapito delle adesioni complessive alla previdenza integrativa. In più la misura sminuisce il ruolo dei fondi pensione negoziali perché, spiega Tronconi, «i lavoratori sarebbero incentivati a transitare nei fondi negoziali solo al fine di acquisire il diritto al contributo del datore di lavoro, mentre i fondi aperti e i PiP sarebbero incentivati a preferire (e ricercare) questa tipologia di clienti che si portano in dote il contributo pagato dalle aziende.
- il rischio di minori afflussi, a fronte di possibili uscite per trasferimenti verso altre forme di previdenza complementare, spingerà i gestori del risparmio previdenziale verso investimenti a breve termine, l’opposto di quanto dovrebbero fare i fondi pensione nell’interesse dei lavoratori;
- le risorse pro-capite destinate alle prestazioni future crescono molto di più nei fondi negoziali che nei fondi aperti e nei piani assicurativi.
Negli ultimi anni, infatti, le gestioni della previdenza complementare hanno ottenuto ottimi rendimenti medi:
«A fronte di una rivalutazione del TFR al minimo storico dell’1,3%, nel 2014 i fondi pensione negoziali hanno reso il 7,3%, i PiP il 7,2% e i fondi aperti il 7,5%».
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Relativamente alla staticità delle adesioni ai fondi pensione negoziali, Tronconi ha sottolineato:
«Se si considera la cosiddetta “posizione media capitaria”, ottenuta dividendo il saldo delle risorse destinate alle future prestazioni per il numero degli aderenti, si scopre un andamento ben diverso rispetto al volume delle adesioni: per i fondi negoziali è cresciuta nell’ultimo anno del 15,3%, per i fondi aperti dell’8,9% e per i PiP soltanto del 5,4%: a dimostrazione della maggiore regolarità contributiva dei fondi negoziali, sostenuti dal contributo del datore di lavoro, mentre negli altri casi sospensioni dei versamenti e richieste di anticipazioni sono più frequenti. Non è vero quindi che le forme di previdenza complementare gestite dal mondo assicurativo e bancario siano più attraenti e più efficienti», conclude il presidente Assofondipensione.
(Fonte: Assofondipensione).