Il 2010 si conclude con forti delusioni economiche: quello vantato dal Governo come l’anno della ripresa post-crisi ha invece confermato le previsioni degli analisti: anche il Centro Studi di Confindustria è stato costretto a ritoccare al ribasso le stime per l’economia italiana, contenendo la crescita del PIL all’1% nel 2010 e prevedendo per il 2011 circa l’1,1%. L’1,3% sarà raggiunto solo nel 2012.
Il numero degli occupati in Italia è diminuito a -540.000 unità dal primo trimestre 2008 al terzo trimestre 2010. A ottobre i disoccupati erano oltre 2 milioni (più del doppio che nel 2007).
«L’Italia delude e rimane indietro» questa la “sentenza” e il monito di Emma Marcegaglia che affonda il colpo affermando che «il confronto con la Germania è impietoso» l’obiettivo del Pil al +2% nel 2012 sarebbe raggiugibile se gli strumenti attivati dal Governo per contrastare il fenomeno non fossero evidentemente insufficienti.
Un esempio di quanto si possa ottenere con la fatica e i mutamenti strutturali, tutto l’opposto dell’Italia che paga lo scotto delle riforme mancate o incomplete. Dopo un inizio anno che si prospettava in crescita, produzione industriale e PIL sono rimasti al palo. Gli anni prima della crisi (il 2006 e il 2007) sembravano aver lanciato il nostro Paese verso una migliorata dinamica della produttività ma di fronte alle difficoltà non siamo stati in grado di reggere il colpo.
Ma il peggio non è ancora finito: nel 2011 saranno sempre meno le persone occupate, la flessione prevista è di -0,4% per una disoccupazione del 9%. I primi lenti miglioramenti sono attesi solo per il 2012. La strada per la ripresa è ancora lunga, per tornare ai valori pre-crisi bisognerà attendere primavera 2015, ma solo a fine 2020 si tornerà ai livelli, comunque modesti, del periodo 2000-2007.