Presentato a Roma il Settimo Rapporto UniCredit in occasione della tavola rotonda su La ricerca di nuovi mercati: la sfida delle piccole imprese fra cambiamento e tradizione. Saranno gli investimenti volti all’esportazione e all’internazionalizzazione a far risparmiare e guadagnare le Pmi, con benefici per tutta l’economia italiana.
La tanto declamata ripresa ha subito un rallentamento nel 2010 ma la domanda estera ha tenuto meglio di quella interna.
Così, per gli esperti il futurodel Made in Italy è nell’Export, soprattutto verso Paesi emergenti ad alto tasso di crescita. Attualmente l’Italia è al settimo posto fra i paesi esportatori, con il 70% dell’Export rivolto verso i mercati maturi dell’Europa occidentale, vendendo prodotti made in Italy di qualità.
Per consolidare il posizionamento competitivo è però necessario superare limiti come quelli dimensionali, che vincolano anche la presenza sui mercati: il 47,8% delle imprese opera su un solo mercato e il 21,8% su due.
Secondo l’indagine, la partecipazione a filiere globali consente alle piccole aziende di far fronte ai costi fissi, spesso elevati, associati ai processi di internazionalizzazione e quindi di affacciarsi sui mercati esteri con maggiore autonomia. Anche se ora solo il 20,5% delle imprese internazionalizzate appartiene ad un distretto, il 16,7% ad una filiera globale e l’8,5% ad entrambe.
I risultati dell’indagine UniCredit, condotta su 6000 piccoli imprenditori italiani e oltre 200 Associazioni di categoria e Confidi, dimostrano come tra giugno e settembre 2010 prevalesse ancora l’incertezza, con l’indice di fiducia sintetico che scende da 93 a 91 a causa del protrarsi delle difficili condizioni a livello globale.
Per i prossimi 12 mesi però gli imprenditori si rimostrano fiduciosi (104 punti come prima della crisi nel 2007). Ancora meglio coloro che svolgono attività internazionale, con 107 punti, più sicuri rispetto alla solidità della propria impresa.