Che la crisi economica abbia messo in ginocchio le aziende italiane non è una grande novità. Tuttavia la realtà è ancora peggiore e, nella classifica UE – stilata dalla Banca Europea nell’ambito del rapporto Doing Business – tra i paesi più in difficoltà nel fare impresa l’Italia si piazza penultima.
Peggio solo l’Albania, il nostro paese riesce a superare solamente la Grecia e si colloca addirittura all’80esimo posto su scala mondiale per difficoltà di sviluppo imprenditoriale.
I motivi che spingono l’Italia così in basso – il trittico che guida la classifica è composto da Singapore, Hong Kong e Nuova Zelanda – sono presto detti: sul nostro territorio, nonostante la forza delle esportazioni e dell’economia manifatturiera, l’iter per aprire e gestire un’impresa sono troppo lenti e costosi secondo la Banca Europea, e soprattutto sono valutate negativamente le procedure per l’ottenimento delle licenze edilizie, gli aspetti di accesso al credito e di flessibilità del mercato del lavoro.
Altri aspetti che penalizzano l’Italia, sui quali concordano sicuramente moltissimi imprenditori, riguardano le imposte e la loro incidenza sul reddito, considerata troppo esasperata, e la poca efficienza delle norme, con particolare riguardo alle procedure di cessazione dell’attività.