Almeno un quarto delle piccole e medie imprese UE è attivo nei mercati esteri attraverso l’esportazione di beni e servizi. Questo il dato che emerge dallo studio della Commissione Europea “Internationalisation of European SMEs“. E sono proprio le imprese internazionalizzate a registrar l’incremento maggiore nel tasso occupazionale rispetto a quelle staticamente ancorate al territorio in cui hanno sede.
Nello specifico, il tasso di crescita occupazionale raggiunge il 7%, rispetto all’1% delle altre aziende. Anche il rapporto con l’innovazione sembra favorire le imprese attive in altri paesi, che hanno introdotto prodotti e servizi innovativi nel proprio settore di attività nel 26% dei casi, contro l’8% delle altre Pmi.
Tuttavia, sottolinea Antonio Tajani, responsabile per l’industria e l’imprenditoria a livello UE, alcuni fattori limitano la piena espressione delle Pmi e non consentono di sfruttare al meglio le opportunità offerte dal mercato unico allargato.
In primis, l’ancora stretta dipendenza delle Pmi dal mercato nazionale, che pregiudica il potenziamento della competitività con le concorrenti e la sostenibilità a lungo termine delle aziende.
Inoltre, i programmi pubblici di sostegno rimangono pressochè sconosciuti dalla maggior parte delle Pmi (84%), che pertanto non accedono alle agevolazioni statali per l’internazionalizzazione.