Un lavoratore licenziato illegittimamente può chiedere l’indennità sostituiva pari a 15 mensilità prevista dall’Articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (Riforma del Lavoro, legge 300/1970), al posto del reintegro nel posto di lavoro anche se nel frattempo, aspettando la sentenza del procedimento intentato contro il licenziamento, ha ripreso a lavorare: lo stabilisce la Cassazione con sentenza n.21542 del 19 settembre 2013.
Reintegra formale
Per la Suprema Corte, tornare al lavoro su richiesta dell’impresa, in attesa della sentenza, non è incompatibile con la successiva rinuncia alla prosecuzione del rapporto. Questo, se l’azienda si sia limitata ad una ripresa di fatto della prestazione, senza reintegro formale vero e proprio. Tale comportamento contrasta infatti con il dettato dell’Articolo 18, che prevede il diritto del lavoratore a scegliere fra reintegra e indennità sostitutiva, non fra indennità e ripresa di fatto della prestazione.
Diritto alla scelta
La norma fa esplicito riferimento al licenziamento illegittimo dichiarato dal giudice: significa che il diritto a scegliere l’indennità in luogo della reitegra scatta solo dopo la sentenza, mentre il rientro al lavoro avvenuto a processo in corso, non consente al lavoratore di esesricate il suo diritto alla scelta. Attenzione: la sentenza si basa sul fatto che la Corte non ha ritenuto esplicita la volontà delle parti di riprendere il precedente rapporto di lavoro. Questo è un discriminante: se la reintegra è ufficialmente disposta dall’azienda, anche prima del pronunciamento del giudice, sarà comunque valida e, da quel momento, il lavoratore avrà 30 giorni di tempo per decidere fra rientro al lavoro e indennità. Sempre di 30 giorni è anche il termine dalla comunicazione del deposito della sentenza.