Secondo l’ultimo rapporto della Ires Cgil a causa della crisi attualmente in Italia ci sono quattro milioni di lavoratori precari e l’andamento sembra peggiorare di anno in anno. La ricerca si basa sui dati Istat riferiti al primo semestre di ogni anno.
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Rispetto al 2018 i contratti considerati in area di disagio (contratti a tempo determinato e part-time obbligati) sono cresciuti del +214% (+718.000 unità).
Nello stesso periodo è calata anche l’occupazione, passata da 23 milioni 376 mila a 22 milioni 919 mila, diminuendo di 45 mila unità (-2%), «nonostante il numero delle persone in età di lavoro sia aumentata di circa 500 mila unità», si legge nella ricerca.
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I contratti a tempo indeterminato a tempo pieno sono diminuiti di 544 mila unità, pari al -4,2% e in generale rappresentano il 17,2% delle nuove assunzioni; gli autonomi full time di 305 mila, pari al – 6,1%; i part time stabili per propria scelta di -215 mila unità. Il 93,2% dei lavoratori con contratto a termine vorrebbe un lavoro stabile, i part time involontari – ovvero costretti ad accettare la condizione in mancanza di alternative migliori – che aumentano di anno in anno, vorrebbero un lavoro a tempo pieno.
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«Questi numeri spiegano il costante e davvero preoccupante peggioramento delle condizioni di lavoro. Anche chi è occupato, infatti lavora meno di quanto vorrebbe e a condizioni diverse da quelle auspicate. Altro che choosy» commentano i ricercatori Ires.
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L’indagine dimostra come sia necessario aggiungere all’area del mancato lavoro (disoccupati, scoraggiati e cassaintegrati) quella del disagio nel lavoro: un quadro «sicuramente determinato dalla crisi, ma anche e in modo evidente delle scelte sbagliate fatte per contrastarla che producono effetti insopportabilmente negativi sull’occupazione. È la conferma, basata su dati di fatto, di un giudizio severo e negativo sull’operato del Governo», dichiarano il presidente della Fondazione Di Vittorio, Fulvio Fammoni e il segretario nazionale della Cgil, con delega sul mercato del lavoro, Serena Sorrentino.
«La legge 92/2012 di riforma del mercato del lavoro, in particolare su precarietà ed ammortizzatori sociali, è del tutto inadeguata ed ancor più paradossale appare il taglio che si annuncia nella Legge di Stabilità degli ammortizzatori sociali: due fattori che aumenteranno ulteriormente quest’area di disagio», concludono Fammoni e Sorrentino.