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Congedo maternità: equiparati i co.co.pro.

di Francesca Vinciarelli

Pubblicato 29 Novembre 2012
Aggiornato 24 Giugno 2013 12:11

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Equiparate le lavoratrici co.co.pro., le subordinate e le autonome in tema di congedo di maternità, in caso di adozioni o affidamento di minore: la sentenza della Corte di Costituzionale sulla gestione separata INPS.

Congedo di maternità della durata di 5 mesi (e non 3) anche per le lavoratrici autonome o che hanno un contratto di tipo co.co.pro. iscritte alla Gestione Separata INPS, nel caso di adozione o affidamento pre-adottivo di minore.

=> Consulta la normativa sui congedi parentali

L’articolo 64 comma 2, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 è stato infatti ritenuto parzialmente incostituzionale dalla Suprema Corte con sentenza n. 257 del 22 novembre 2012 perché comporta un diverso trattamento normativo tra lavoratrici iscritte alla Gestione separata dell’INPS (tenute al versamento della contribuzione dello 0,5% di cui all’art. 59, comma 16, della legge 27 dicembre 1997, n. 449) e lavoratrici subordinate.

=> Leggi le regole su Gestione separata INPS e ANF in maternità

Le lavoratrici iscritte alla gestione ordinaria (subordinate) e quelle iscritte alla gestione separata devono dunque essere equiparate in caso di congedo di maternità, il quale deve essere fruito durante i primi 5 mesi successivi all’effettivo ingresso del minore nella famiglia della lavoratrice, in caso di adozione nazionale.

Per le adozioni internazionali il congedo può essere fruito anche prima dell’ingresso del minore in Italia, per dare modo alla lavoratrice di recarsi all’estero e ottemperare agli adempimenti relativi alla procedura adottiva.

=> Leggi: congedo parentale e indennità anche in Gestione separata INPS

Una decisione che non va solo in favore della donna, ma anche del minore stesso «che va tutelato non soltanto per quanto attiene ai bisogni più propriamente fisiologici ma anche in riferimento alle esigenze di carattere relazionale ed affettivo, collegate allo sviluppo della sua personalità (sentenze n. 385 del 2005 e n. 179 del 1993)», si sottolinea nella sentenza.

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