Stipendi in Italia: ai datori di lavoro costano il doppio

di Francesca Vinciarelli

Pubblicato 22 Maggio 2012
Aggiornato 21 Giugno 2019 16:36

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Eurostat e Cgia Mestre: in Italia le tasse sul lavoro sono da record e alle imprese ogni impiegato costa il doppio rispetto allo stipendio netto percepito in busta paga.

La pressione fiscale sul lavoro in Italia è tra le più alte in Europa: a dirlo sono i dati Eurostat e a confermarlo è la Cgia Mestre che ha analizzato l’incidenza di tasse e contributi previdenziali sullo stipendio medio di un impiegato e di un operaio nel nostro Paese.

In Italia oltre la metà dello stipendio se ne va in tasse, questo significa che a fronte di uno stipendio di 1200 euro (la media italiana) alle imprese ogni impiegato costa il doppio.

L’esempio della Cgia di Mestre ha preso in considerazione la busta paga di un operaio che lavora per un’impresa attiva nel settore dell’industria: ipotizzando uno stipendio mensile netto di 1.226 euro, l’azienda paga  un costo di 2.241 euro.

Più nel dettaglio, a carico del datore di lavoro ci sono circa 568 euro, che fanno arrivare la retribuzione lorda a 1.672 euro più le varie tasse e i contributi previdenziali.

Nel caso di un ipotetico impiegato assunto nella stessa azienda industriale, a fronte di uno stipendio netto di 1.620 euro mensili netti, il datore di lavoro paga ben 3.050 euro (2.312 di retribuzione lorda e 738 euro di prelievo a carico del titolare).

E tutto questo mentre i salari dei lavoratori italiani piangono miseria: di fatto, dal 1993al 2011 le retribuzioni contrattuali sono ferme, come rileva l’ISTAT.

In pratica, per le aziende italiane il costo del lavoro è oggettivamente insostenibile, e presto aggravato dalle misure previste dalla riforma del lavoro.

A commentare i dati c’è il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi: «bisogna abbassare il carico fiscale e contributivo su salari e stipendi».

Secondo Bortolussi «qualcosa il Governo Monti ha fatto, ma bisogna fare di più. Solo lasciando più soldi in tasca agli Italiani abbiamo la possibilità di rilanciare i consumi: il problema è che proprio questi ultimi sono troppo bassi».

«La crisi è molto pesante, soprattutto dal punto di vista occupazionale, anche perché continuano a calare i consumi. Meno si acquista, più si sta a casa. Più si sta a casa, meno si spende. Dobbiamo scardinare questo circolo vizioso per scongiurare di scivolare dentro una fase depressiva».