La riforma del lavoro, così come descritta nel documento diffuso dal Governo, continua a non piacere ai sindacati e più in particolare alla Cgil, tanto che Susanna Camusso aveva annunciato uno sciopero generale di protesta contro la revisione dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori.
Ma per ora lo sciopero della Cgil viene rinviato, perché Camusso si definisce fiduciosa che in Parlamento possano essere apportate le necessarie modifiche alla riforma del lavoro, riportando l’articolo 18 alla sua funzione originaria, lasciandolo così come è stato fino ad oggi.
La sindacalista ha risposto alle dichiarazioni del premier Mario Monti («se il Paese non è pronto il governo potrebbe anche non restare») dichiarando «siamo sereni » perché ora la parola spetta al «Parlamento sovrano» al quale «chiederemo sicuramente di intervenire per introdurre il reintegro» per i licenziamenti illegittimi.
L’obiettivo delle modifiche chieste dalla Cgil, ma anche da Cisl e Uil anche se con sfumature differenti, è infatti di garantire al lavoratore il diritto al reintegro nel proprio posto di lavoro in tutti quei casi in cui il licenziamento risulta essere ingiustificato. Un diritto inviolabile per la Cgil.
Per qualcuno la scelta di rimandare lo sciopero è sbagliata, perché viene letta come il tentativo di far placare gli animi dei lavoratori. Motivo per cui in questi giorni ci sono stati diversi scioperi autonomi e sembra che il fenomeno sia in aumento.
Anche i metalmeccanici della Uilm hanno infatti deciso di incrociare le braccia per protesta contro la riforma del mercato del lavoro: proclamato uno sciopero generale di 4 ore a livello nazionale.
Anche il sindacato confida in «un’azione del Parlamento», visto che «con il Governo proprio non va». La speranza è che questo sciopero serva per portare l’attenzione dei parlamentari sulle richieste di modifica all’articolo 18 per la parte relativa ai licenziamenti economici, ma anche «sulla risoluzione del problema sospeso dei lavoratori esodati, la decontribuzione degli aumenti contrattuali e dei premi di produzione e l’insostenibile pressione fiscale», spiega Rocco Palombella, segretario generale della Uilm.