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Riforma lavoro: Monti sfida i partiti, pronto a lasciare?

di Francesca Vinciarelli

Pubblicato 27 Marzo 2012
Aggiornato 31 Luglio 2013 10:18

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Mario Monti difende la riforma del lavoro e provoca i partiti con dichiarazioni di fuoco: tutte le reazioni al ddl varato in CdM, tra pareri contrari e favorevoli.

Il premier Mario Monti difende la riforma del lavoro appena varata dal Consiglio dei Ministri: una riforma «equa e abbastanza incisiva» sulla quale il Parlamento “sovrano” è chiamato a dare presto un parere, ma senza stravolgere il testo; ma allo stesso sfida i partiti che lo avversano: «se il Paese non è pronto il governo non tirerà a campare».

La frecciata non è rivolta ai cittadini – che pur a fatica stanno digerendo questa primavera di sacrifici e di ennesimi “lacrime e sangue” – ma ai partiti che non sembrano accettare la sua linea: «se il Paese non si sente pronto per un buon lavoro, non chiederò certo di continuare. Ma qui non si tratta del Paese, i cittadini hanno dimostrato di saper accettare responsabilmente i sacrifici…».

Scarica il testo del ddl di Riforma del Lavoro

Il nodo non è più legato ai tempi di attuazione da parte delle Camere – che non dovrebbero essere troppo lunghi – ma ai potenziali stravolgimenti al testo, visto che il ministro del Welfare, Elsa Fornero, continua a ribadire: «non accetteremo una riforma ridotta in polpette».

In realtà Monti non sembra affatto voler mollare ma piuttosto a farne a meno, nei limiti del possibile.

Vediamo tutte le posizioni.

Monti, Fornero – Governo

In questi ultimi giorni il Governo ha dovuto prendere «decisioni non facili», dice Monti spiega: «non abbiamo mai potuto, dal 16 novembre, evitare di prendere decisioni difficili». Ma, anche se quella del mercato del lavoro e le altre realizzate dal governo Monti hanno come obiettivo il risanamento dei conti pubblici e la crescita economica dell’Italia, «non ci si può illudere che ciò avvenga dall’oggi al domani, dopo qualche decennio gestito, diciamo così, in modo non ottimale».

Bersani, Finocchiaro – Pd

Per il segretario del Pd Pier Luigi Bersani alla riforma del lavoro in Parlamento devono essere apportate delle modifica o meglio devono essere corrette «le lacune che ci sono» soprattutto sul fronte del regime dei licenziamenti e degli ammortizzatori sociali. Però «nelle prossime settimane non servono proposte estemporanee il Pd non deve essere un partito con cento voci».

In ogni caso «abbiamo preso l’impegno di sostenere il governo Monti fino al 2013 e intendiamo mantenerlo», assicura a nome del Pd, «noi cerchiamo di dare delle buone idee, qualche volta vengono accolte, qualche volta meno. Probabilmente un meccanismo di uscita più simile a quello che avevamo proposto noi avrebbe risolto il problema. Noi siamo lì per servire, basta lavorare con serietà, senza drammatizzare i problemi».

La presidente dei senatori Pd, Anna Finocchiaro, assicura che il Pd  ha come obiettivo quello «di modificare in Parlamento una ingiustizia», quella sull’articolo 18, «è così che dobbiamo spiegare al Paese la nostra posizione».

Finoccchiaro è poi entrata nel merito delle modifiche da apportare alla riforma del lavoro: «la proposta del Governo, per quello che riguarda la parte relativa ai licenziamenti economici, sta gettando nello smarrimento larghe fasce sociali. E noi dobbiamo dire che è semplicemente ingiusto che un lavoratore ingiustamente licenziato possa contare solo sull’indennizzo».

Alfano – Pdl

Per Angelino Alfano Pdl non ci sono molte alternative: «o si fa una buona riforma o nessuna riforma». Critica anche la posizione nei confronti della scelta del veicolo parlamentare della riforma del lavoro, ossia il disegno di legge: «per non aver voluto percorrere la strada del decreto legge sulla riforma del lavoro oltre a non avere benefici ci saranno danni». Alfano teme soprattutto le reazioni dei mercati.

Per le modifiche da apportare alla riforma del lavoro Monti-Fornero il Pdl, assicura, «farà da sponda alle preoccupazioni delle piccole e medie imprese, che vedono estese le rigidità dell’articolo 18 a quelle con meno di 15 dipendenti», mentre «l’accesso a forme contrattuali previste dalla legge Biagi vengono fortemente disincentivate e burocratizzate». Fondamentalmente ravvisa Alfano «non si può bluffare sulla flessibilità in uscita e penalizzare le forme di flessibilità in entrata che hanno dato prova di funzionare».

Casini – Udc

Il leader dell’Udc, Pierferdinando Casini ricorda invece che la situazione per l’Italia è ancora grave: «l’emergenza in Europa non è finita, la recessione è fortissima, tante imprese sono in dismissione, tanti giovani non trovano lavoro» e per questo le riforme del governo Monti sono necessarie. Casini aggiunge poi che «sull’articolo 18 abbiamo una posizione nettissima: siamo con il Governo, siamo d’accordo con quanto il Governo ha deciso nella sede collegiale del Consiglio dei Ministri».

È vero, dice Casini, che «il Paese sta facendo sacrifici importanti», ma il Governo lo ha chiesto «perché la situazione economica era drammatica e non si sono esaurite queste condizioni di emergenza». Per superare la crisi è fondamentale «senso di responsabilità da parte dei partiti e da parte delle forze sociali».