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Riforma e costi del lavoro: niente ammortizzatori senza accordo

di Francesca Vinciarelli

14 Marzo 2012 10:30

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Elsa Fornero difende la riforma del lavoro e annuncia che il Governo chiuderà in fretta con o senza i sindacati, in rivolta su mobilità e ammortizzatori sociali, mentre per le PMI si profila l'aggravio dei costi sul lavoro.

Sulla riforma del lavoro il ministro del Welfare Elsa Fornero continua ribadire i tempi stretti (10 giorni): nessuna «paccata di miliardi» su ammortizzatori e mercato del lavoro se i Sindacati dicono no, pur ribadendo che il Governo si impegnerà a trovare risorse adeguate alle necessità.

Il No dei Sindacati

Per Fornero è però inutile indugiare, visto che quella messa sul piatto è una riforma del mercato del lavoro sulla quale «risulterebbe molto difficile capire il no dei Sindacati».

Di parere contrario il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni: «il tavolo sulla riforma del lavoro salta se non sarà modificata la parte su mobilità e ammortizzatori sociali. Prima di vendere le persone, vendete i beni demaniali che valgono oltre 500 miliardi di euro».

Ma probabilmente i sindacati dovranno farsene una ragione. Tanto più che, a chi come il segretario della Uil Luigi Angeletti, dichiara di non aspettarsi nulla sul fronte dell’occupazione Fornero risponde «non siamo così ingenui da pensare che la riforma del mercato del lavoro farà ripartire immediatamente la crescita e l’occupazione, ma è un prerequisito fondamentale» e «l’obiettivo del Governo è abbassare il tasso di disoccupazione strutturale».

Il No delle PMI

Fornero ha poi difronte anche il no delle PMI: Rete Imprese  non firmerà senza modifiche che vadano ad alleggerire l’aggravio di costi sul lavoro previsto dalla riforma del governo Monti, un peso «inaccettabile per le imprese» come l’ha definito Marco Venturi.

Al mercato del lavoro serve più dinamismo e su questo punto Fornero è ferma: necessaria flessibilità di entrata e di uscita, «basta ai privilegi» il mercato del lavoro italiano ha bisogno di una «maggiore facilità di entrata e un po’ più di facilità di uscita».

Serve una «effettiva parità di accesso al mercato del lavoro», il che significa smantellare le protezioni che si sono costituite che spesso sono state motivate da buoni principi ma che hanno implicazioni di conservatorismo molto forte fino alla difesa dei privilegi».