La riforma del lavoro attualmente in discussione sembra destinata a cambiare profondamente l’assetto degli ammortizzatori sociali: secondo l’ipotesi presentata dal ministero, resta sostanzialmente immutata la cassa integrazione ordinaria, viene ridimensionata la cassa integrazione straordinaria mentre spariscono le altre forme di sussidio, come la mobilità, sostituite dall’assicurazione sociale.
Quest’ultima è probabilmente la novità più rilevante introdotta nel negoziato in corso sulla riforma del lavoro, che il Governo ha intenzione di chiudere entro il 23 marzo.
Assicurazione sociale per l’impiego
L’assicurazione sociale per l’impiego, Aspi, è una sorta di indennità di disoccupazione universale, da applicare a tutti i lavoratori del privato (quindi anche ai contratti flessibili) e a quelli a tempo determinato del settore pubblico, e secondo l’ipotesi in discussione dovrebbe entrare pienamente a regime nel 2015.
È previsto che venga finanziata da tutte le aziende con un’aliquota dell’1,4%, che può salire fino al 2,7% per i contratti precari (questo è uno dei punti di maggior contrasto da parte delle Pmi, che attualmente non pagano strumenti come la cassa integrazione straordinaria e per le quali quindi l’introduzione di questa nuova contribuzione rappresenta un aggravio sul costo del lavoro).
All’assicurazione sociale avrebbero diritto tutti i lavoratori con almeno due anni di anzianità assicurativa e 52 settimane lavorative nell’ultimo biennio. Percepirebbero un sussidio che prevede un tetto massimo di 1.119 euro, con due riduzione del 15%, una ogni sei mesi. L’assegno viene versato per 12 mesi, che possono arrivare a 18 per i disoccupati con oltre 58 anni.
Cassa integrazione
L’unico altro ammortizzatore che resta, oltre a questa nuova assicurazione sociale, è la cassa integrazione. Ma quella straordinaria viene fortemente limitata: non si potrà più applicare in caso di chiusura aziendale (dunque, resta solo in caso di ristrutturazione aziendale). Si tratta di un passo indietro del Governo, che in un primo tempo (all’inizio del dibattito) aveva pensato di eliminare del tutto la cassa integrazione straordinaria, trovandosi però davanti all’opposizione di sindacati e Confindustria.
La cassa integrazione ordinaria, invece, resta così com’è: durata di 13 settimane consecutive prorogabili fino a un massimo di 52 settimane in due anni, all’80% dello stipendio con massimali. La pagano le imprese e i lavoratori. Le aliquote per le imprese sono dell’1,9% sotto i 50 dipendenti e del 2,2% sopra i 50 dipendenti.